Andrea Vercetti / Arti figurative / Illustrazione / Interviste / Andrea Vercetti (1988) è un illustratore e designer multidisciplinare che vive nelle Marche. Le sue illustrazioni sono state pubblicate su riviste nazionali e internazionali, tra cui il Corriere della Sera e il Washington Post. Tra le sue partecipazioni c’è quella al Fruit Exhibition 2017 e 2018 (@fruitexhibition) e a una performance audiovisiva di ATŌMI (@iamatomi) ai Graphic Days Torino 2019 (@graphicdaystorino). Sue opere sono state esposte nei bookshop di Palazzo Grassi e Punta della Dogana. Le sue animazioni sono state, inoltre, presentate al Demo Festival 2022 (@demo.festival). Gli piacciono i lavandini a pedale, l’autunno e la Vinavil. È terrorizzato dalle cavallette.
Ciao Andrea, tu lavori sia come illustratore sia come designer. Quanto si influenzano tra loro le due professioni?
Le mie illustrazioni condividono lo stesso approccio di un progetto di branding o design in generale. Spesso sono composizioni astratte, costituite da forme geometriche.
Come definiresti il tuo stile e la tua estetica? E come si è evoluto negli anni?
Il mio stile è essenziale e geometrico. Ho lavorato in studi grafici e agenzie di comunicazione come grafico e come sviluppatore, questo mi ha avvicinato a griglie e layout più o meno rigidi. Durante gli ultimi anni ho frequentato alcuni corsi di programmazione, al processo di sintesi si sono aggiunti nuovi vincoli, che possono rendere più coerente un’identità visiva o un design system. Tuttavia, credo che questo aspetto non sia sempre positivo, alcuni progetti hanno bisogno dell’errore e della violazione delle regole convenzionali.
Quali sono i tuoi illustratori di riferimento? Puoi citare anche creativi meno noti, che non siano necessariamente dei mostri sacri alla David Macaulay.
Ci sono diversi artisti contemporanei che mi piacciono e ne scopro continuamente di nuovi, tra i miei preferiti ci sono Geoff Mc Fetridge (@mcfetridge) e Marcus Oakley (@marcus_oakley). Ad ogni modo, non posso prescindere dai grandi classici come Picasso o Escher.
E i designer?
Seguo con interesse i lavori grafici di Gianluca Alla (@gianlucaalla) o quelli più sperimentali di Zach Lieberman (@zach.lieberman). Ma sulle mie moodboard non mancano quasi mai Paul Rand o Karel Martens.
Illustrazione e design sono campi estremamente competitivi, dove le nuove tendenze si succedono nell’arco di pochi mesi, a volte settimane. Per emergere è necessario trovare un proprio stile distintivo o, piuttosto, assecondare queste tendenze? Tu cosa fai?
Penso che sia necessario trovare il proprio tono. Credo che l’essenza sia nell’approccio creativo individuale, l’estetica dovrebbe essere una conseguenza del processo, non il contrario.
Qual è il processo creativo delle tue illustrazioni e dei tuoi progetti di design?
Sulle illustrazioni c’è un lavoro di interpretazione. Anche un soggetto apparentemente banale può risultare potente, se trasformato in modo sovversivo. Cerco di ridurre al minimo gli elementi superflui, dando priorità all’essenza della composizione.
Su un progetto di design, che sia un lavoro di branding, un magazine o un sistema di icone, si tratta di istituire un linguaggio, combinando i principi del design. Anche in questo caso c’è un lavoro di sottrazione, una ricerca del minimo comune denominatore in termini di significato e forme.
In entrambi i casi, il punto di partenza è la ricerca, orientata su più aspetti del progetto, estetici e non. La prima fase della composizione è in scala di grigi, focalizzata su equilibrio e contrasti, successivamente mi concentro sulla palette, calibrando il numero e la tipologia dei colori in base al progetto.
Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Le animazioni per il Demo Festival (@demo.festival), perché hanno coinvolto diversi ambiti. In questo caso si trattava di una open call, senza un tema in particolare. Sul brief, molto breve, c’era scritto qualcosa del tipo «spingi i limiti del monitor». L’ho preso alla lettera. Ho cercato qualcosa che fosse intrappolato dentro al monitor, come una marea. Il cursore mi è sembrato il soggetto perfetto per un festival di motion graphic. Ripetizione e gravità variabile hanno reso il design scalabile e consistente. Le animazioni sono state realizzate con p5js e matterjs, due librerie javascript. Queste animazioni rappresentano l’epoca digitale, una versione si chiama meta, l’altra followers, su entrambe i cursori sono intrappolati in uno spazio nero. È stato divertente vederle sui monitor della stazione di Amsterdam con le persone che ci camminavano davanti.
Cosa sogni di illustrare? La risposta: «la prossima copertina di The new yorker» non è ammessa.
Mi piacerebbe portare uno dei miei lavori su una parete, a rullo e pennelli.
Negli ultimi anni stai sperimentando molto con il Creative Coding, utilizzi linguaggi di programmazione come Java o Javascript per creare arte, design o altre forme di espressione artistica e creativa. Per esempio hai adoperato il framework p5.js (@p5xjs) per le animazioni presentate al Demo Festival 2022. Cosa ti affascina di questa pratica?
Il codice offre la possibilità di generare infinite declinazioni di una stessa idea in maniera automatizzata, o casuale. Una composizione può avere un significato diverso quando è parte di una famiglia di 5 o 50 elementi. Inoltre, c’è un controllo più ampio sulle animazioni, è possibile gestirle su larga scala. Questi aspetti lasciano spazio a una nuova dimensione di espressione.
Pensi che l’Intelligenza Artificiale possa aiutare i creativi che non hanno competenze informatiche a sviluppare codice per Arte generativa o progetti di Creative Coding?
Di sicuro. Ma è bene conoscere le basi del linguaggio di programmazione con cui si sta lavorando, per mantenere il controllo della conversazione.
Pensi che la tua categoria sia realmente minacciata dall’Intelligenza Artificiale? Che futuro immagini per l’illustrazione e il design?
Non riesco a vedere una minaccia diretta. L’intelligenza artificiale è molto potente e sta migliorando in maniera esponenziale. Al momento è in grado di sostituire una persona in processi ripetitivi e programmabili, ma credo che l’industria del design abbia ancora bisogno della figura umana. In conclusione la considero un ottimo strumento e penso vada usata come tale.
Concludiamo alla Gigi Marzullo, con una domanda che non ti ho fatto ma alla quale ti sarebbe piaciuto rispondere, solo che questa domanda te la dovrai porre tu stesso.
Mi sarebbe piaciuta la domanda: Dove trovi ispirazione?
Rispondo: Potrebbe sembrare banale, ma la natura non finisce mai di stupirmi. Anche lo stesso giardinetto sotto casa può essere lo spunto per il prossimo progetto. Sia nello schema di un fiore che nel traffico di un formicaio si possono trovare formule matematiche e ripetizioni geometriche.