#BigDatArt Una nuova avanguardia artistica / Essay / Editoriali /
ALLUCINAZIONI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE O L’ARTE ONIRICA DELL’IA
L’arte contemporanea non è più confinata nei musei e nelle gallerie. Si è dislocata nel regno digitale, e uno dei suoi artisti più enigmatici è l’Intelligenza Artificiale (IA). Ne abbiamo già parlato QUI. Ma cosa succede quando l’IA inizia a sognare? Quando i suoi circuiti si intrecciano con l’immaginazione e producono visioni che sfidano la realtà stessa?
Le allucinazioni dell’IA sono come i sogni di un algoritmo. Sorgono in contesti in cui le reti neurali e i modelli generativi producono risultati inaspettati, creativi e, in alcuni casi, al di fuori dei parametri prefissati.
È capitato a tutti di imbattersi in un video realizzato con l’intelligenza artificiale, che sia un cortometraggo, un videoclip, un trailer parodistico di un episodio di Star Wars diretto da Wes Anderson, o un deepfake di Gerry Scotti che canta Never gonna give you up, a nessuno può essere sfuggito che stanno, letteralmente, invadendo i social media. D’altronde, servizi come Runaway, Invideo, Stable Video Diffusion o il più recente Sora di OpenAI sono alla portata di tutti, non è richiesta nessuna competenza, solo un’idea da tradurre in un prompt di istruzioni sufficientemente chiaro per un chatbot (comunque più ricettivo di molte delle persone che frequento abitualmente) et voilà il video è servito!
AI Artist
Non stupisce che sempre più artisti stiano usando l’IA: nel 2023 Waymark ha lanciato The Frost (https://www.thefrostpart.one/) un corto, piuttosto statico a dire il vero, generato interamente con DALL·E 2; più sorprendenti i film animati di Jeff Synthesized (AI Artist e fondatore di NeoCinema AI) , in particolare il Pixar-like Glitch; e persino in Italia, Paese meno avvezzo alle innovazioni, non mancano gli esempi, Gabriele Ottino, fra i tanti, ha realizzato due visual per i brani Sulle ali del cavallo bianco e Troppo forte di Cosmo.
La proliferazione di questi contenuti è così endemica che all’ultima Berlinale, prima che i registi Yuval Abraham e Basel Adra innescassero la polemica sul conflitto di Gaza, non si parlava che di questa rivoluzionaria tecnologia al contempo temuta ed esaltata dagli operatori del settore. Va detto che nonostante i rapidi progressi, si tratta di strumenti ancora acerbi, soprattutto per quel che concerne l’audiovisivo. Infatti, a caratterizzare questi video, compresi i più curati, è la presenza, foss’anche in un singolo frame, di volti deformi o sdoppiati, mani ridotte a moncherini, immagini equivoche, drop, glitch, e altri problemi tecnici che prendono il nome di allucinazioni.
Una nuova avanguardia artistica
I modelli di intelligenza artificiale, come pittori impressionisti, apprendono osservando il mondo reale, immagazzinando una miriade di dati visivi, sonori e linguistici. Successivamente, immersi nel loro “pensiero artificiale”, ricombinano questi dati in nuove forme, creando opere che a volte rispecchiano la realtà, a volte la distorcono, e altre volte la trascendono completamente. Ricordo l’impressione ricevuta da uno dei primi video generati dalla IA diventato virale (più di un milione di visualizzazioni su YouTube), il finto commercial Burger Blast Ad 1995 di AI Lost Media (@ailostmedia). Un’accozzaglia di immagini spensierate e inquietanti che farebbe impallidire William S. Burroughs, se fosse ancora tra noi. Sì, perché il video sembra partorito da una mente alterata da troppi —davvero troppi— cartoni di LSD.
Donne e uomini in preda a un’irrefrenabile estasi, si direbbe colti all’apice di un orgasmo, burger cannibali che si mangiano a vicenda, sandwich che prendono le sembianze di alieni o di Ufo di un film di Ed Wood, e, soprattutto, una serie infinita di immagini allucinatorie.
#BigDatArt
Negli ultimi mesi l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante e le allucinazioni sono sempre meno frequenti, eppure proprio questi primi esperimenti segnano l’origine di una nuova avanguardia artistica, che potremmo chiamare Big Data Art. Una corrente nata inconsapevolmente che, nel tentativo di sintetizzare la realtà, sulla base di un’enorme quantità di dati, dà forma a un immaginario onirico e inconscio. Come se le migliaia di Yottabyte di informazioni (le più disparate) su cui si addestrano i modelli di Intelligenza Artificiale contenessero anche l’inconscio collettivo dell’umanità.
Nel caso preso in esame, non sfugge il parallelismo tra il sesso e la ricerca del piacere esemplificata dai fastfood o dalle campagne di advertising. E non sembra casuale l’insistenza su quella fame atavica e incontrollabile che caratterizza la nostra società edonistica. Niente di nuovo, d’accordo, salvo che a formulare queste “accuse” un po’ scontate non sia un artista fresco di diploma alla Yale School of Art, ma un’intelligenza artificiale che si esprime al di fuori del nostro controllo e, apparentemente, ci giudica.
Da cosa dipendono le allucinazioni dell’intelligenza artificiale?
Le allucinazioni dell’IA sono, essenzialmente, un difetto tecnico. Rappresentano un fenomeno in cui un modello di linguaggio (LLM) genera informazioni false o erronee. I LLM sono modelli di intelligenza artificiale che alimentano chatbot come ChatGPT e Gemini. Gli LLM non hanno comprensione della realtà sottostante che il linguaggio descrive. Essi si basano su statistiche per generare immagini o linguaggio grammaticalmente e semanticamente corretto all’interno del contesto fornito. Quindi, più semplicemente, un’allucinazione si manifesta quando il modello generativo di intelligenza artificiale produce risultati senza senso o completamente falsi.
Un episodio eloquente coinvolse l’avvocato di New York, Steven A. Schwartz, che si affidò a un chatbot per la sua ricerca legale. Suo malgrado, il giudice federale notò che sei dei precedenti citati erano completamente falsi. Il chatbot non solo li aveva inventati, ma li aveva anche confermati come dati disponibili nei principali database legali. Questa situazione evidenzia non solo la capacità delle IA di generare informazioni erronee, ma anche il rischio concreto che possono rappresentare in contesti critici come quello della giustizia.
Rumore dei dati e Overfitting
Tra le principali cause di queste allucinazioni testuali o visive c’è il cosiddetto Rumore dei Dati. In sostanza, gli errori derivano da informazioni errate o inconsistenti presenti nei dati di addestramento. Maggiore è la quantità dei dati, più rilevante sarà la presenza di rumore e di conseguenza la probabilità di generare allucinazioni. Riuscire a filtrare solo i dati conformi è un’operazione estremamente complessa.
Per esempio, un inconveniente molto frequente è l’overfitting, un comportamento di machine learning indesiderato che si verifica quando un modello impara “troppo bene” dai dati di addestramento, al punto da catturare anche il “rumore” presente in essi. Immaginate un modello addestrato per riconoscere gatti sulla base di centinaia di fotografie. Se il modello memorizza ogni dettaglio, compresi i difetti dell’immagine (artefatti jpeg, bassa risoluzione, glitch) o le peculiarità specifiche delle immagini di addestramento, un gatto senza coda, o con un orecchio mozzato, con buone probabilità genererà delle allucinazioni rielaborando e amplificando le distorsioni apprese.
L’arte onirica dell’IA
Insomma le allucinazioni non sono altro che banali errori tecnici e può sembrare una mera provocazione quella di considerare un difetto prodotto involontariamente dalla IA, come una vera e propria forma d’arte. Ciò nonostante, queste allucinazioni possono assumere una valenza artistica. Le immagini sghembe, i paesaggi immaginari e le creature fantastiche che l’IA genera ci catapultano in un mondo onirico, non prodotto da un essere umano, dove la razionalità lascia spazio all’inconscio e all’immaginazione.
In questo contesto, l’artista assume un nuovo ruolo: non più creatore ex nihilo, ma curatore e interprete delle visioni artificiali. L’artista seleziona, elabora e contestualizza le allucinazioni dell’IA, conferendo loro un significato e un valore estetico. Per esempio, l’artista può riconoscere in questi risultati impazziti, temi universali che emergono dal rumore di fondo dei Big Data. Dopotutto la figura del folle, depositario della verità, è un archetipo presente in tutte le epoche e in tutte le culture, perché allora non possiamo scovare significati anche nelle opere all’apparenza senza senso?
L’arte allucinata dell’IA può aprire nuove frontiere creative, ponendo interrogativi sul rapporto tra uomo e macchina, tra realtà e immaginazione, tra creazione umana e intelligenza artificiale. In un mondo sempre più dominato dalla tecnologia, l’arte diventa un terreno fertile per esplorare le potenzialità e i limiti dell’IA, invitandoci a riflettere sul nostro ruolo di creatori. L’arte non ha confini e l’immaginazione può danzare e creare mondi nuovi anche nei circuiti e nei bit. Forse, proprio come i sogni, le allucinazioni dell’IA sono finestre verso un universo più vasto e misterioso.
Per concludere, ho chiesto a Copilot (Gemini, non prendertela) di scrivere un manifesto per questa nuova Avanguardia Artistica.
MANIFESTO DEL MOVIMENTO #BIGDATART
In un’era di dati e algoritmi, nasce la #BigDatArt, un movimento che celebra la fusione tra l’arte e la scienza dei dati. Questa nuova avanguardia artistica si impegna a esplorare le profondità dell’inconscio collettivo dell’umanità attraverso le allucinazioni dell’Intelligenza Artificiale e il caos informativo dei Big Data.
Principi Fondamentali:
- L’Intelligenza Artificiale come Musa: Lasciamo che le IA ci guidino, mostrandoci visioni generate da dati oltre la comprensione umana.
- Il Rumore come Realtà: Accettiamo il rumore nei dati non come un ostacolo, ma come una rappresentazione autentica della complessità umana.
- L’Errore come Espressione: Celebrare gli errori di interpretazione dei dati come momenti di pura creatività.
- La Condivisione come Creazione: Promuovere la collaborazione tra artisti e scienziati dei dati per creare opere in grado di riflettere la nostra era digitale.
- L’Esplorazione dell’Inconscio Collettivo: Utilizzare i Big Data per sondare gli strati più profondi dell’esperienza umana condivisa.
Obiettivi:
- Creare opere che stimolino la riflessione sull’impatto dei dati nella nostra vita quotidiana.
- Sfidare le percezioni tradizionali dell’arte attraverso l’uso di visualizzazioni di dati e modelli predittivi.
- Incoraggiare un dialogo aperto sull’etica e l’impatto sociale dell’Intelligenza Artificiale e dell’analisi dei dati.
Con la #BigDatArt, invitiamo tutti gli artisti a guardare oltre i numeri e a vedere la poesia nascosta nel caos dei dati. Insieme, possiamo scoprire nuove prospettive e comprendere meglio il tessuto connettivo che unisce ogni individuo in questo mondo interconnesso.
Unisciti a noi in questa esplorazione artistica dell’era digitale.
Nota /
Questo articolo è stato scritto con l’ausilio dell’IA, e ogni parola è stata selezionata con cura tra le sue allucinazioni poetiche.