Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz / Recensione

Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz / Editoria / Saggistica / Recensioni / L’amore è ancora possibile nell’era del capitalismo sentimentale?

Perché l’amore fa soffrire? Dimenticate Freud e le sue intricate analisi dell’inconscio. Eva Illouz, da brava sociologa, ci porta su un terreno diverso, svelandoci come le nostre sofferenze amorose siano in realtà frutto di potenti forze sociali e culturali. Niente a che vedere con traumi infantili o complessi di Edipo: la colpa è del sistema!

Ofelia (1851–52) / John Everett Millais
Ofelia (1851–52) / John Everett Millais
Why Love Hurts: A Sociological Explanation

Nel tessuto complesso delle relazioni umane, l’amore si staglia come un’emozione fondamentale, ma anche come una fonte di profondo dolore. La Illouz, nel suo saggio Why Love Hurts: A Sociological Explanation (In Italia edito da il Mulino con il titolo: Perché l’Amore fa soffrire), esplora le ragioni sociologiche che si celano dietro le nostre tribolazioni romantiche, offrendo una prospettiva originale e provocatoria che si distacca dalle spiegazioni tradizionali fornite dalla biologia evolutiva e dalla psicodinamica.

Illouz avanza l’idea che il dolore amoroso non sia un mero incidente emotivo, bensì il risultato di una serie di tensioni e contraddizioni sociali e culturali che hanno plasmato le identità moderne. Questa visione pone le emozioni all’interno di strutture sociali, suggerendo che il modo in cui viviamo l’amore oggi sia fortemente influenzato dalle istituzioni sociali e dai cambiamenti culturali.

Uno degli aspetti più originali di Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz è l’analisi dell’evoluzione storica dell’amore. L’autrice confronta le pratiche romantiche del XIX secolo, regolate da un sistema di segni codificati e ritualizzati, con l’esperienza contemporanea, caratterizzata dalla deregolamentazione dei mercati matrimoniali e dalla libertà nella scelta del partner. Illouz sostiene che, sebbene le regole dell’ingaggio emotivo possano rimanere altamente strutturate, le condizioni entro cui si effettuano le scelte sono cambiate in modo significativo.

Oh Jeff (1964) / Roy Lichtenstein
Oh Jeff (1964) / Roy Lichtenstein
Sovrabbondanza di scelta

Illouz osserva che la deregolamentazione dei mercati matrimoniali e la libertà nella scelta del partner hanno portato a un eccesso di possibilità. Questa sovrabbondanza di scelta, spesso celebrata come un trionfo dell’autonomia personale, può paradossalmente condurre alla «paralisi da analisi», dove l’individuo si trova sopraffatto e incapace di prendere decisioni significative. In un mondo dove tutto è possibile, il valore dell’impegno sembra diminuire, lasciando le persone in uno stato di incertezza perpetua e di insoddisfazione cronica.

Commitment phobia

Ed è proprio questo eccesso di libertà a provocare quell’endemico fenomeno sociale che prende il nome di commitment phobia, la paura dell’impegno. La sociologa suggerisce che questa fobia sia radicata non solo nelle esperienze personali, ma anche nelle istituzioni sociali che ci circondano. La paura di perdere la propria autonomia in una relazione, o di fare la scelta “sbagliata”, può portare a relazioni superficiali o a una serie di relazioni brevi e non impegnative.

Le principali cause della commitment phobia sono:
  • La paura di perdere la propria libertà: Nella società individualista odierna, l’impegno viene visto come una minaccia all’autonomia e all’individualità.
  • La pressione a trovare il partner perfetto: I social media e la cultura del romanticismo ci bombardano di immagini di coppie perfette, creando aspettative irrealistiche e alimentando la sensazione di non essere abbastanza.
  • La paura di essere feriti: Le esperienze negative del passato possono portare a sviluppare una corazza di protezione che rende difficile aprirsi all’amore.
La paura delle relazioni stabili: un tema ampiamente dibattutto

Già Erich Fromm, nel suo celebre saggio L’arte di amare, identificava la paura di legarsi come una manifestazione della fuga dalla responsabilità. L’uomo moderno, schiacciato dal peso del rischio, tende a rifuggire da legami profondi e duraturi, preferendo la sicurezza di una vita solitaria e autosufficiente.

E ancora Zygmunt Bauman, nella sua analisi della società liquida, sottolineava come la precarietà e l’incertezza del mondo contemporaneo abbiano reso difficoltoso il radicamento e la costruzione di legami stabili. L’amore, in questo contesto, diventa un “liquido” che assume forme effimere e transitorie, sfuggendo alle tradizionali definizioni di impegno e fedeltà.

Eva Illouz non è certo stata la prima ad affrontare questi temi, ma il suo lavoro si caratterizza per un’attenta analisi sul  “capitalismo dei sentimenti”. 

A perfect cure for Love / Artista anonimo
A perfect cure for Love / Artista anonimo
Il capitalismo dei sentimenti

Questo concetto si riferisce alla commercializzazione delle emozioni e alla loro gestione secondo logiche di mercato. Illouz sostiene che il capitalismo contemporaneo abbia trasformato i sentimenti in beni di consumo, influenzando così le relazioni intime e la ricerca dell’amore. L’autrice dipinge un quadro vivido del “mercato amoroso”, un sistema spietato in cui ci imbattiamo, spesso inconsapevolmente.

In questo mercato, siamo costretti a promuovere noi stessi e a valutare costantemente il nostro valore. Un gioco di potere che può generare ansia, frustrazione e, in definitiva, dolore.  A peggiorare il quadro, intervengono i social media che amplificano il fenomeno, creando una sorta di vetrina virtuale in cui esporre la propria vita sentimentale.

Il risultato? Una competizione sfrenata per l’approvazione altrui e una perenne insoddisfazione per ciò che non si ha. Insomma, non è secondario il ruolo dei social media e delle app di dating nella promozione di relazioni effimere e superficiali.

La trappola della libertà sessuale

In questo contesto, la libertà sessuale per la donna diventa un terreno complesso: se da un lato rappresenta un’importante conquista, dall’altro può tradursi in una nuova forma di oppressione, dove la sessualità femminile è soggetta alle stesse dinamiche di sfruttamento e alienazione tipiche del capitalismo.

Illouz non si limita a una critica superficiale, ma approfondisce come la libertà sessuale, pur essendo un diritto fondamentale, possa essere vissuta dalle donne in modi contrastanti. La libertà di scegliere i propri partner, di esprimere la propria sessualità e di pianificare la nascita dei figli è spesso mediata da aspettative sociali e pressioni economiche che possono limitare l’autonomia personale.

Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz mette in luce come il femminismo debba fare i conti con queste nuove sfide, cercando di comprendere e contrastare le modalità con cui il capitalismo modella e talvolta svaluta l’esperienza amorosa e sessuale delle donne. Il suo lavoro invita a una riflessione critica sulle conseguenze della libertà sessuale e sulle strategie per preservare l’autenticità delle relazioni umane nell’era del capitalismo avanzato.

Inoltre, esplora il modo in cui il razionalismo della modernità tardiva ha introdotto incertezza e ironia nelle relazioni amorose. L’amore, piuttosto che essere un atto di fede cieca, è diventato oggetto di infinita indagine, autoconoscenza e autoanalisi. Questa trasformazione ha portato a una razionalizzazione sia dell’amore che della razionalità stessa, con la selezione del partner che si è distaccata da fattori morali, sociali ed economici condivisi pubblicamente.

Amore e dolore / Edvard Munch
Amore e dolore / Edvard Munch
È tutta colpa degli uomini?

Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz offre una meticolosa analisi sociologica delle relazioni eterosessuali e del malaise che spesso le caratterizza. Eppure, nonostante il contributo significativo di questo testo alla sociologia delle emozioni, ha scatenato un acceso dibattito. Soprattutto per aver addossato molte responsabilità ai soli uomini, specie per quanto riguarda la commitment phobia.

In risposta alle accuse, Illouz ha chiarito che il suo obiettivo non era quello di incolpare un genere, ma piuttosto di esaminare le strutture e le forze che hanno cambiato i termini dell’incontro eterosessuale.

Illouz ha spiegato che concentrarsi sulle donne era necessario per mantenere chiarezza nell’analisi e perché sono state le donne a esprimere maggiormente disagio, perplessità e talvolta rabbia riguardo alle loro relazioni sessuali e romantiche. La sua analisi mira a comprendere le dinamiche di potere e le asimmetrie nelle relazioni eterosessuali, piuttosto che attribuire colpe individuali.

Tuttavia, nel più recente The End of Love (2019), Illouz ha aggiustato il tiro e ha cercato di evitare le visioni comuni che dipingono gli uomini come «tutti porci» e le donne come vittime indifese. Ha invece tentato di stabilire un’analisi strutturale delle forze che hanno trasformato la formazione e il mantenimento dei legami intimi, sottolineando come l’incertezza abbia trasformato significativamente queste dinamiche.

La fanciulla malata amore (c.1660) / Jan Havicksz Steen
La fanciulla malata amore (c.1660) / Jan Havicksz Steen
Critiche avanzate al testo di Eva Illouz

Un’altra critica è stata avanzata da Jacqui Gabb, che, pur riconoscendo il valore dell’approccio sociologico di Illouz, ha evidenziato una certa limitazione nel suo focus sulle relazioni eteronormative. Gabb sostiene che una visione più ampia delle dinamiche relazionali avrebbe potuto fornire una comprensione più completa del dolore amoroso nella modernità.

Un altro punto di vista critico è stato espresso da Maria Popova, che ha discusso il lavoro di Illouz nel contesto della sociologia delle istituzioni e come queste plasmano l’agonia romantica della vita moderna. Popova mette in luce come, nonostante l’importanza del contributo di Illouz, ci sia una tendenza a enfatizzare eccessivamente le carenze individuali, trascurando il ruolo delle strutture sociali e istituzionali che influenzano profondamente le nostre vite amorose.

L’amore nell’era moderna: un’avventura da supereroi

L’amore è ancora possibile nell’era del capitalismo sentimentale? Come possiamo costruire relazioni sane e durature in un contesto che ci spinge a competere e a mercificare i nostri sentimenti? Sono solo alcune delle domande che questo libro ci lascia in eredità.

Nella società odierna, l’amore è diventato un compito arduo, quasi una sfida da supereroi. Dobbiamo trovare un partner, mantenere vivo l’interesse e, contemporaneamente, coltivare la nostra individualità. Un vero e proprio tour de force che, inevitabilmente, porta a qualche caduta.

In un mondo che ci bombarda di immagini di amori perfetti e vite da favola, Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz ci ricorda che l’amore è un viaggio, non una destinazione e che la sofferenza è una parte inevitabile, ma non insuperabile, di questo viaggio.

Eva Illouz
Eva Illouz
L’autrice

Eva Illouz (30 aprile 1961 – Fes, Marocco) è una sociologa di fama internazionale, nota per i suoi contributi significativi nel campo della sociologia delle emozioni, della cultura e del capitalismo. Ha conseguito un B.A. in sociologia, comunicazione e letteratura a Parigi, un M.A. in letteratura, un M.A. in comunicazione presso l’Università Ebraica e un dottorato in comunicazioni e studi culturali presso la Annenberg School for Communication dell’Università della Pennsylvania.

Illouz ha ricoperto il ruolo di professore in diverse istituzioni prestigiose, tra cui l’Università Ebraica di Gerusalemme e la School for Advanced Studies in the Social Sciences (EHESS) a Parigi. È stata anche la prima donna presidente della Bezalel Academy of Art and Design.

Nel corso della sua carriera, Illouz è stata riconosciuta come una delle donne più influenti nel campo della sociologia. Il suo lavoro si concentra sugli effetti del capitalismo sulle nostre emozioni e sulla loro commercializzazione.

Tra i suoi libri più noti ci sono Consuming the Romantic Utopia: Love and the Cultural Contradictions of Capitalism (1997) e Cold Intimacies: The Making of Emotional Capitalism (2007). Illouz è anche una collaboratrice regolare di giornali come Ha’aretz, Le Monde e Die Zeit.

Paolo Cramer
Paolo Cramer
Nasce e vive a Torino. È psicanalista, storico e musicologo. Romantico ma solo nell'accezione del movimento sviluppatosi al termine del XVIII secolo in Germania. Ha una passione smodata per la tisana alla liquirizia.

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