GUIDA BIENNALE DI VENEZIA 2024 di Ɐ REVOLT / Eventi / Biennale di Venezia 2024 /
Curata da Adriano Pedrosa, l’esposizione esplorerà il tema dello straniero in tutte le sue sfaccettature, attraverso le opere di artisti provenienti da ogni parte del mondo.
Ultima modifica: 2.7.24 11:11
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Questa Guida Biennale di Venezia 2024 (in costante aggiornamento) vi accompagnerà alla scoperta degli eventi imperdibili della Biennale, selezionando per voi le mostre più interessanti, le installazioni più suggestive, i party più esclusivi e i talk più stimolanti.
Puoi consultare anche le singole guide per:
Giardini-Nucleo Storico / Arsenale-Nucelo Contemporaneo / Altri Luoghi / Eventi Collaterali
L’esposizione si articola in due sezioni principali: il Nucleo Storico ai Giardini e l’Arsenale.
STRANIERI OVUNQUE
La Biennale Arte 2024 ha selezionato artisti che non avevano mai partecipato all’Esposizione Internazionale, anche se alcuni di loro avevano già esposto in un Padiglione Nazionale, in un Evento Collaterale o in una passata edizione della stessa Esposizione Internazionale. Un’attenzione particolare sarà dedicata ai progetti all’aperto, sia all’Arsenale sia ai Giardini, e a un programma di performance durante i giorni di pre-apertura e nell’ultimo fine settimana della 60ª Esposizione.
«L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Adriano Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri».
INFORMAZIONI UTILI
La 60ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, intitolata “Stranieri Ovunque”, ha aperto i battenti il 20 aprile 2024 e si protrarrà fino al 24 novembre.
Il costo del biglietto intero è di 30,50 euro, il ridotto per gli studenti è di 16,50 euro e per i residenti 20,50 euro ed è valido per un ingresso alla sede dei Giardini e un ingresso alla sede dell’Arsenale, da utilizzare anche in giorni differenti.
Il biglietto non deve essere necessariamente stampato, ma può essere salvato in formato pdf sullo smartphone o tablet: deve essere presentato ai varchi di mostra e, a seconda della tipologia, deve essere presentato con un documento di identità (nei casi di biglietti con riduzioni e accrediti).
CURATORE DELLA BIENNALE DI VENEZIA 2024
Adriano Pedrosa, curatore brasiliano, è il primo proveniente dall’America Latina a dirigere la Biennale Arte. Laureato in legge presso l’Universidade Estadual di Rio de Janeiro, ha conseguito un master in Arte e scrittura critica al California Institute of the Arts. I suoi scritti sono stati pubblicati su diverse riviste d’arte, tra cui Arte y Parte, Artforum, Art Nexus, Bomb, Exit, Flash Art, Frieze, Lapiz, Manifesta Journal, Mousse, Parkett e The Exhibitionist. Dal 2014, Pedrosa è il Direttore Artistico del Museo d’Arte di San Paolo (MASP) in Brasile. Ha curato numerose mostre al MASP, tra cui esposizioni personali di artisti come Tarsila do Amaral, Anna Bella Geiger, Ione Saldanha, Maria Auxiliadora, Gertrudes Altschul, Beatriz Milhazes, Wanda Pimentel e Hélio Oiticica. Inoltre, ha diretto cicli di mostre tematiche, tra cui “Histories of Childhood,” “Histories of Sexuality,” “Afro Atlantic Histories,” “Women’s Histories, Feminist Histories,” “Histories of Dance,” e “Brazilian Histories.” Nel 2023, è stato premiato con l’Audrey Irmas Award for Curatorial Excellence dal Central for Curatorial Studies del Bard College di New York.
LEONI D’ORO
In una cerimonia di premiazione che si terrà sabato 20 aprile 2024 a Ca’ Giustinian, sede della Biennale di Venezia, verranno ufficialmente assegnati i Leoni d’Oro alla carriera all’artista brasiliana (italiana di nascita) Anna Maria Maiolino (nata nel 1942) e all’artista turca (che risiede a Parigi) Nil Yalter (nata nel 1938). Entrambe le artiste parteciperanno per la prima volta alla Biennale Arte: Maiolino presenterà una nuova opera di grandi dimensioni che prosegue e sviluppa la serie delle sue sculture e installazioni in argilla, mentre Yalter proporrà una riconfigurazione della sua innovativa installazione Exile is a hard job, insieme alla sua opera iconica Topak Ev, collocate nella prima sala del Padiglione Centrale.
GIARDINI
NUCLEO STORICO & PADIGLIONI
Guida Biennale di Venezia 2024 di Ɐ Revolt Magazine
NUCLEO STORICO
L’energia e la vivacità che emergono dal quotidiano cileno, intessuto dal collettivo Bordadoras de Isla Negra, e dalle sottoculture techno del padiglione Ungheria di Márton Nemes, trasformano radicalmente questa edizione sin dall’ingresso del Padiglione Centrale nei Giardini storici della Biennale. Settecento metri quadri di visioni mistiche sono offerti dal collettivo indigeno amazzonico Mahku (Movimento dos Artistas Huni Kuin), nato dalla vendita di tele per acquistare terre da proteggere dalla deforestazione. Queste opere, create sotto l’influsso rituale dell’ayahuasca, ci conducono alle origini della separazione tra popoli e luoghi diversi, raccontando la storia di kapewë pukeni (il ponte-alligatore).
«Il Nucleo Storico è composto da opere del XX secolo provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia e dal mondo arabo. Si è scritto molto sui modernismi globali e su quelli del Sud del mondo, motivo per cui in alcune sale saranno esposti lavori provenienti da tali territori, come a costituire una sorta di saggio, una bozza, un ipotetico esperimento curatoriale volto a mettere in discussione i confini e le definizioni del Modernismo. Conosciamo fin troppo bene la storia del Modernismo in Euroamerica, ma i modernismi del Sud globale rimangono in gran parte sconosciuti. […]. Lo stesso Modernismo europeo ha viaggiato ben oltre l’Europa nel corso del Novecento, spesso intrecciandosi con il colonialismo, così come molti artisti del Sud globale si sono recati in Europa per esporre il proprio lavoro. […]».
Il Nucleo Storico prevede tre sale nel Padiglione Centrale: le sale intitolate Ritratti, la sala dedicata alle Astrazioni e una terza sala dedicata alla diaspora artistica italiana nel mondo lungo il corso del XX secolo.
RITRATTI
Nelle due sale dedicate ai “Ritratti” saranno esposte le opere di 112 artisti, principalmente dipinti ma anche lavori su carta e sculture, realizzate tra il 1905 e il 1990. Queste opere si concentrano sulla progressiva crisi e sull’evoluzione della rappresentazione della figura umana, un tema che ha caratterizzato tutto il XX secolo. Sarà interessante osservare come molti di questi autori, provenienti dal Sud globale, abbiano elaborato il concetto di figura umana in base alle proprie sensibilità e riflessioni, dopo essere entrati in contatto con il Modernismo europeo attraverso viaggi, studi e libri.
ASTRAZIONI
La sala dedicata alle Astrazioni alla Biennale di Venezia 2024 ospiterà 37 artisti provenienti da diverse parti del mondo. Tra questi, quasi tutti verranno esposti insieme per la prima volta in impreviste giustapposizioni, auspicando così connessioni e nuove prospettive artistiche. Gli artisti provengono da Argentina, Aotearoa/Nuova Zelanda, Brasile, Colombia, Cuba, Repubblica Dominicana, Egitto, Guatemala, India, Indonesia, Iraq, Giordania, Libano, Messico, Marocco, Pakistan, Palestina, Filippine, Porto Rico, Sudafrica e Turchia. Ci sono anche artisti indigeni Maori come Selwyn Wilson, Sandy Adsett o come Etel Adnan e Samia Halaby. Questa esposizione si concentra sulla produzione di artisti che utilizzano tecniche considerate “altre” o “estranee”, e celebra la diversità culturale e l’arte sconosciuta del Global South.
DIASPORA ARTISTICA ITALIANA NEL MONDO
Nella sala è esposta la tradizione artistica nata dagli autori italiani o di discendenza italiana che, nel corso del Novecento, hanno scelto di emigrare. In particolare, vengono presentati 40 artisti italiani di prima e seconda generazione che hanno sviluppato le loro carriere in Africa, America Latina, Europa e negli Stati Uniti. Le loro opere riflettono i risultati della fusione culturale e artistica che ne è derivata, oltre a essere state significative per una narrazione del Modernismo al di fuori dell’Italia.
I PADIGLIONI DA NON PERDERE / GIARDINI
PADIGLIONE GIAPPONE
Compose
Curatrice / Sook-Kyung Lee
Artista / Yuko Mohri
La personale Compose di Yuko Mohri (nata a Kanagawa nel 1980) nel Padiglione giapponese sembra celare un segreto sulla natura umana, rivelato solo in parte. La mostra, curata dalla direttrice artistica dell’ultima Biennale di Gwangju, Sook-Kyung Lee, è concepita per interagire con il pubblico in vari modi, incluso l’emissione di un profumo umido di fiori. Lo spazio espositivo è un intrigante mosaico di sculture acquatiche che, ispirandosi alla pratica giapponese di tamponare le perdite con mezzi improvvisati, deviano l’acqua lungo percorsi imprevedibili, creando effetti musicali. Stivaletti da pioggia, ombrelli, lampadine e ventagli danzano in coreografie delicate, affiancati da frutta marcescente collegata a elettrodi per trasformare gli impulsi in musica. Questa bizzarra e giocosa polifonia di elementi costituisce una riflessione più ampia sull’equilibrio tra arte e vita.
PADIGLIONE GERMANIA
Thresholds
Curatore / Çağla Ilk
Artisti / Yael Bartana, Ersan Mondtag, Michael Akstaller, Nicole L’Huillier, Robert Lippok, Jan St. Werner
Il Padiglione Tedesco quest’anno ha due sedi, quella storica ai Giardini e una seconda presso l’isola de La Certosa. Tutte le opere esposte esplorano il tema della soglia (thresholds) facolizzandosi sull’identità nazionale, il trauma e l’interazione tra passato e futuro.
Il viaggio inizia ai Giardini, dove Ersan Mondtag ha trasformato la facciata del padiglione con una collina di terra e Yael Bartana presenta un video ispirato ai viaggi spaziali dal Libro di Isaia. Queste opere non convenzionali attirano numerosi visitatori.
L’opera di Ersan Mondtag combina installazione, performance, video, scultura, musica, poesia. A ispirare questa articolata installazione è Bertold Brecht. Struggente la rappresentazione di una famiglia della Berlino Ovest degli anni Sessanta, che si rifà alla vicenda biografica del nonno dell’artista, Hasan Aygün, emigrato da Ankara e impiegato nella compagnia Eternit, che causerà la sua morte per cancro ai polmoni. L’eternit è allo stesso tempo simbolo di un miracolo economico e della fine di un sogno.
Yael Bartana con la sua opera dal sapore sci-fi, ci mostra un’astronave destinata a trasportare l’umanità verso altre galassie; Il filmato Farewell mette in scena una cerimonia pagana con danzatori e maschere di animali in un bosco di notte, è l’ultimo saluto prima della partenza nel cosmo
Per apprezzare appieno il Padiglione Tedesco, bisogna avventurarsi fino all’isola La Certosa. Tutte le opere, infatti, sono strettamente correlate. Questa divisione invita gli spettatori a esplorare la città, sfidando il tradizionale modello di padiglione nazionale. Per maggiori informazioni sulla seconda sede consulta QUI la guida Altri Luoghi.
PADIGLIONE STATI UNITI
The space in which to place me
Curatrici / Kathleen Ash-Milby, Abigail Winograd
Artista / Jeffrey Gibson
The space in which to place me di Jeffrey Gibson (nato a Colorado Springs nel 1972) trasforma il padiglione degli Stati Uniti in un luogo in cui l’arte indigena e una vasta gamma di espressioni e identità culturali sono al centro dell’esperienza americana. La mostra presenta sculture multimediali di nuova produzione, dipinti realizzati con tecniche miste, murales site-specific, un’installazione video multicanale e una grande installazione esterna.
La figura di Gibson è un mix di origini Cherokee e Choctaw (ed è il primo artista indigeno americano a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia) e un’identità queer. Questi aspetti emergono chiaramente dalle sue opere colorate: alcune leggere, come le paperelle ricoperte di perline, altre più impegnate, come quelle che includono la poesia visiva. Il padiglione statunitense è una vera festa, e per chiuderla in bellezza, un video caleidoscopico mostra danzatori che eseguono una danza tradizionale indigena sulle note del duo elettronico canadese The Halluci Nation.
PADIGLIONE FRANCIA
Attila cataracte ta source aux pieds des pitons verts finira dans la grande mer gouffre bleu nous nous noyâmes dans les larmes marées de la lune
Curatrici / Céline Kopp, Cindy Sissokho
Artista / Julien Creuzet
Julien Creuzet (Parigi, 1986), artista franco-caraibico, rappresenta la Francia al Padiglione della Biennale di Venezia 2024. La sua personale al Padiglione Francia è un omaggio all’eredità caraibica dell’artista. Le pareti sono animate dai versi delle sue poesie in francese creolo della Martinica, e le sculture appese ai soffitti sono intrecciate con grandi reti colorate. Queste reti scandiscono lo spazio, mentre gli schermi mostrano video di “simulazioni” sottomarine dal gusto futuristico e dai colori vivaci. Un’esperienza ultraterrena che unisce storie, simbolismi e tradizioni, con riferimenti alla geografia fluida che collega la Martinica all’Africa.
PADIGLIONE POLONIA
Repeat after Me II
Curatrice / Marta Czyż
Artisti / Open Group (Yuriy Biley, Pavlo Kovach, Anton Varga)
Il Padiglione della Polonia, curato da Marta Czyż, esplora la memoria e l’elaborazione del trauma del conflitto attraverso le installazioni audiovisive del collettivo ucraino Open Group, composto da Yuriy Biley, Pavlo Kovach e Anton Varga. Nei primi piani ravvicinati sui volti, i personaggi-attori-testimoni della guerra invitano il pubblico a interagire con una sorta di karaoke malinconico e grottesco. Tuttavia, anziché ripetere parole di una canzone popolare, qui si riproducono i suoni delle sirene, dei missili e le esplosioni delle armi: ricordi di guerra evocati e amplificati nell’oscurità della sala del padiglione. Si crea così un disarmante scambio tra rifugiati e visitatori, basato unicamente sul suono.
PADIGLIONE EGITTO
Drama 1882 – دراما ١٨٨٢
Curatore-Artista / Wael Shawky
L’artista Wael Shawky rappresenta l’Egitto al Padiglione della Biennale di Venezia 2024. La sua opera Drama 1882 è un musical filmato che esplora la rivolta nazionalista egiziana contro l’influenza imperiale nel 1879-82. Questa rivolta fu soffocata dai britannici nel 1882, che poi occuparono l’Egitto fino al 1956. Il film è accompagnato da sculture, dipinti, disegni e un rilievo a specchio realizzato a Murano.
Gli episodi storici, allegorici e mitologici sono il pretesto per mettere in scena una lucida analisi sul presente, sui conflitti in atto che hanno origini antichissime. Con Drama 1882, l’artista si è cimentato come regista, compositore e coreografo, mostrando una propria versione delle vicende della rivoluzione nazionalista degli Orābī. Cullati da canti arabi, ci si aggira nel padiglione scoprendo uno a uno gli altri indizi, sculture, installazioni che, con misura, accompagnano il visitatore in un Arabian Drama. Per gli ammiratori di Shawky, da non perdere è anche il video Hymns of The New Temples, in esposizione a Palazzo Grimani.
PADIGLIONE ISRAELE
(M)otherland
Curatrici / Mira Lapidot, Tamar Margalit
Artista / Ruth Patir
Per volontà di artisti e curatori, il padiglione di Israele resterà chiuso e sorvegliato a vista. Il cartello all’entrata recita “fino al cessate il fuoco e al raggiungimento di un accordo per la liberazione degli ostaggi” del conflitto a Gaza, mentre noi possiamo riflettere su quelli del mondo dell’arte.
Molti intellettuali, prima dell’apertura della Biennale 2024, hanno chiesto di escludere Israele per non “legittimare le sue politiche genocide a Gaza”.
La scelta della direzione si è mossa nella direzione contraria, ma a pochi giorni dall’inaugurazione, l’artista Ruth Patir e le curatrici Mira Lapidot e Tamar Margalit hanno deciso che il padiglione non avrebbe aperto al pubblico.
All’interno del Padiglione tutto è allestito per mostrare il progetto (M)otherland che noi abbiamo visto in parte attraverso le vetrate, ma come ha detto Patir “come artista ed educatrice rifiuto fortemente il boicottaggio culturale, ma sono in grande difficoltà a presentare un progetto che parla di vulnerabilità per la vita in un momento in cui non c’è rispetto per essa”.
PADIGLIONE SERBIA
Exposition Coloniale
Curatrice / Ksenija Samadržija
Artista / Aleksandar Denić
Tutto il progetto ruota attorno all’uso del “luogo” e lo spazio del padiglione viene concepito come un’eterotopia. L’artista ha dato vita ad una dialettica tra situazioni architettoniche distinte che risultano visivamente sorprendenti e provocatorie. Appena entri ti senti catapultare in una dimensione in bilico tra un passato immaginato e un futuro distopico: la scritta Europa al contrario è la ciliegina sulla torta.
L’intero progetto ruota attorno all’utilizzo del “luogo” e concepisce lo spazio del padiglione come un’eterotopia. L’artista ha creato una dialettica tra situazioni architettoniche distinte, che risultano visivamente sorprendenti e provocatorie. Appena lo spettatore entra è catapultato in una dimensione in bilico tra un passato immaginato e un futuro distopico. La scritta “Europa” al contrario è un dettaglio che amplifica l’atmosfera enigmatica e speculativa dell’opera.
PADIGLIONE AUSTRIA
Swan Lake
Curatore / Gabriele Spindler
Artista / Anna Jermolaewa
L’artista concettuale Anna Jermolaewa, rifugiata politica a Vienna, rappresenta l’Austria al Padiglione della Biennale di Venezia 2024. La sua mostra esplora la resistenza attraverso una varietà di medium: video, installazioni, oggetti luminosi, sonori ed elementi performativi. Jermolaewa condivide le sue esperienze migratorie personali come forme di resistenza non violenta contro regimi autoritari. Un aspetto potente del progetto è la capacità di trasmettere questo messaggio attraverso opere nuove e estensioni di opere esistenti.
Inoltre, l’installazione “Ogni rivoluzione ha il suo fiore” presenta una natura morta composta da garofani, rose, tulipani, fiordalisi, fiori di loto, crochi zafferano, gelsomino, un cedro e un arancio, simboli che richiamano la paura dei regimi non democratici nei confronti di una rivolta popolare.
PADIGLIONE SVIZZERA
Super Superior Civilizations
Curatore / Andrea Bellini
Artista / Guerreiro do Divino Amor
Il titolo Superior Civilizations è un programma in sé. Guerreiro do Divino Amor, artista svizzero-brasiliano invitato al Padiglione della Svizzera di quest’edizione, affonda il dito nella profonda ferita che affligge l’Europa nel suo incompiuto processo di elaborazione del passato coloniale. L’artista suggerisce che l’autocritica può essere kitsch, graffiante, antiretorica e anche poco politically correct, purché questa scomodità sia presentata come “qualcosa di completamente diverso”.
Nel progetto ventennale condotto dall’artista nato nel 1983, i giochi di colori, materiali e tecnologie sono mixati in maniera sperimentale con il canto, la performance, il travestimento e la scenografia. Qui la classicità cambia segno, preannunciando i veri contenuti: potere e supremazia occidentali sono mostrati in versione surreale e allucinata.
Il video Il Miracolo di Helvetia afferma che la Svizzera non è un paradiso terrestre, mentre l’installazione audiovisiva al di là del tunnel, Roma Talismano, con la partecipazione della cantante brasiliana Ventura Profana, mette in discussione la profonda certezza occidentale delle nobili e vittoriose radici dell’Impero romano.
PADIGLIONE PAESI BASSI
The International Celebration of Blasphemy and The Sacred
Curatori / Hicham Khalidi & Renzo Martens
Artisti / Cercle d’Art des Travailleurs de Plantation Congolaise & Renzo Martens
Il Padiglione Olanda presenta il collettivo congolese Cercle d’Art des Travailleurs de Plantation Congolaise (CATPC), in collaborazione con l’artista olandese Renzo Martens. L’obiettivo di questo progetto è liberare e rigenerare la coltivazione di Lusanga, nella Repubblica Democratica del Congo, trasformandola in una foresta sacra.
Attraverso la vendita di lavori plastici realizzati dal collettivo, utilizzando i materiali naturali tratti dagli ultimi lembi della loro “foresta sacra”, la popolazione locale è riuscita ad acquistare 200 ettari di terreni precedentemente coltivati, che ora sta trasformando in agro-foreste.
Secondo il curatore Hicham Khalidi, la decolonialità ha a che fare con la messa in pratica della teoria: questo progetto è un’azione concreta che mette in campo la teoria.
PADIGLIONE UNGHERIA
Techno Zen
Curatrice / Róna Kopeczky
Artista / Márton Nemes
L’artista Márton Nemes ha trasformato il Padiglione Ungheria con il suo lavoro dedicato alle sottoculture techno, riuscendo a combinare elementi pittorici, scultorei e installazioni multimediali che creano una dimensione spaziale quasi trascendentale, in cui lo spettatore viene completamente assorbito.
Il progetto espositivo è strutturato in tre parti, che possono essere percepite a pieno dal centro del padiglione, nello spazio del cortile che collega tutti gli spazi.
PADIGLIONE SPAGNA
Migrant Art Gallery
Curatore / Agustin Perez Rubio
Artista / Sandra Gamarra Heshiki
Il Padiglione Spagnolo è rappresentato dall’artista di origini peruviane Sandra Gamarra Heshiki, mentre la curatela del progetto, intitolato “Pinacoteca Migrante”, è affidata a Agustin Pérez Rubio.
L’artista orienta la sua ricerca verso i meccanismi di rappresentazione, esposizione e commercializzazione, esplorando le conseguenze della colonizzazione spagnola. Nel contesto di questa esposizione, si concentra in particolare sul museo come ente che spesso crea narrazioni escludenti, cercando di riscrivere ciò che non viene adeguatamente raccontato nei musei pubblici spagnoli.
PADIGLIONE GRAN BRETAGNA
Listening all Night to the Rain
Curatrice / Tarini Malik
Artista / John Akomfrah
John Akomfrah (Accra, 1957), artista e regista anglo-ghanese, ha creato una personale nel Padiglione Gran Bretagna che si concentra su due temi fondamentali: l’ascolto come forma di attivismo e l’importanza dell’acqua. La mostra Listening All Night to the Rain è uno studio in cinque parti, o “Canti”, che esplora le memorie e il patrimonio culturale delle persone che rappresentano la “diaspora inglese”. Attraverso un bricolage sonoro, Akomfrah collega l’acqua e la musica a diverse esperienze culturali, riscrivendo la storia e affrontando il tema del colonialismo.
PADIGLIONE DANIMARCA
Rise of the Sunken Sun
Curatrice / Louise Wolthers
Artista / Inuuteq Storch
Rise of the Sunken Sun è il titolo del progetto esposto nel Padiglione danese alla Biennale di Venezia. Per la prima volta, il padiglione presenta un’importante mostra di un artista originario della Groenlandia: il fotografo Inuuteq Storch. Curata da Louise Wolthers, l’esposizione offre una prospettiva visiva sulla sua terra natale, la Groenlandia (o Kalaallit Nunaat). Le fotografie di Storch esplorano paesaggi, persone e le relazioni delle comunità locali con la Danimarca, oltre a toccare il passato coloniale di questa terra. L’installazione centrale, chiamata il “sole affondato”, rivela ulteriori significati e sottolinea temi come la decolonizzazione. Interessante notare che sulla facciata del padiglione, le parole “Danimarca” sono state sostituite con Kalaallit Nunaat, il nome della Groenlandia nella lingua locale.
ARSENALE
NUCLEO CONTEMPORANEO & PADIGLIONI
Guida Biennale di Venezia 2024 di Ɐ Revolt Magazine
NUCLEO CONTEMPORANEO
Il Nucleo Contemporaneo della Biennale di Venezia 2024 si concentra su quattro soggetti: l’artista queer, spesso perseguitato o emarginato; l’artista outsider, ai margini del mondo dell’arte; l’artista autodidatta, folk o popolare; e l’artista indigeno, spesso considerato uno straniero nella propria terra. Questi soggetti costituiranno il fulcro di questa edizione.
«Il termine italiano “straniero”, il portoghese “estrangeiro”, il francese “étranger” e lo spagnolo “extranjero” sono tutti collegati sul piano etimologico rispettivamente alle parole “strano”, “estranho”, “étrange” ed “extraño”, ovvero all’estraneo. Viene in mente Das Unheimliche di Sigmund Freud, Il perturbante nell’edizione italiana, che in portoghese è stato tradotto con “o estranho”, lo strano che, nel profondo, è anche familiare. Secondo l’American Heritage e l’Oxford English Dictionary, il primo significato della parola “queer” è proprio “strange” (“strano”), pertanto la Mostra si svilupperà e si concentrerà sulla produzione di ulteriori soggetti connessi: l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk o popular; l’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. La produzione di questi quattro soggetti sarà il fulcro di questa edizione e andrà a costituire il Nucleo Contemporaneo».
Disobedience Archive
Curatore / Marco Scotini
Disobedience Archive è una mostra-archivio presentata alla Biennale di Venezia 2024. Ideata come un archivio eterogeneo di immagini video in continua evoluzione, questa esposizione indaga temi come il femminismo, l’ecologismo e la disobbedienza sociale. Le opere di 39 artisti e collettivi, realizzate tra il 1975 e il 2023, costituiscono un atlante di storie e tattiche di disobbedienza. La curatrice Juliana Ziebell ha suddiviso la sezione in due parti principali: Diaspora Activism e Gender Disobedience.
21 Boulevard Mustapha Benboulaid
Artista / Lydia Ourahmane
Lydia Ourahmane conosce da sempre il movimento; la transitorietà è il modo in cui le è stato insegnato a vivere. L’artista ha sradicato e ricreato integralmente il proprio appartamento in affitto di Algeri, per essere “a casa” quando le frontiere si sono chiuse a causa della pandemia. L’opera Entrance (1901-2021) comprende due porte funzionanti. La prima porta, originale in legno, risale al 1901 ed è derivata da un tipico appartamento parigino.
L’occupazione francese voleva che Algeri assomigliasse alla Francia, quindi questa porta rappresenta quel desiderio. La seconda porta, in metallo e dotata di cinque serrature, è stata aggiunta negli anni Novanta, durante la guerra civile. Queste due porte comunicano tra loro e dialogano con l’artista e con ciò che c’è fuori. L’ingresso, leggermente socchiuso, incarna una fusione dei due momenti storici ed è un simbolo dell’invasione architettonica della fiducia collettiva che è stata costruita e poi spezzata durante la guerra d’indipendenza. L’opera è stata descritta come un “palinsesto di storie” e ora l’appartamento e i suoi oggetti “restituiti” sono tornati a essere utilizzati da amici, liberando l’artista dall’ingresso originale in modo catartico.
Prêt-à-Patria 2024
Artista / Bárbara Sánchez-Kane
Sovvertendo il termine francese prêt-à-porter (pronto da indossare) con quello di “patria” della cerimonia statale messicana dell’Escolta de Bandera, Bárbara Sánchez-Kane ha progettato e creato l’installazione scultorea di una nuova uniforme militare. Quest’opera, intitolata Prêt-à-Patria (2021), analizza le nozioni e i simboli egemonici di mascolinità e potere. Basandosi sul rituale militare di protezione e onorificenza della bandiera nazionale, noto in Messico come “Escolta de Bandera”, la performance presenta un gruppo di uomini che indossano la versione di Sánchez-Kane dell’uniforme militare, con la schiena scoperta e indumenti intimi di pizzo. Attraverso l’accostamento di abiti maschili e femminili sui corpi dei militari, “Prêt-à-Patria” si presenta come una visione salace e sardonica del nazionalismo messicano, del rispetto per lo stato e dell’indottrinamento violento delle identità. Questa è la prima volta che l’opera di Bárbara Sánchez-Kane viene presentata alla Biennale Arte.
VOID (2022 – in corso)
Artista / Joshua Serafin
Fondendosi con l’assenza totale e il potenziale di diventare qualsiasi cosa, la performance queer video VOID (2022 – in corso) di Joshua Serafin, presentata all’Arsenale, libera i miti che circondano la creazione dell’arcipelago filippino, aprendo nuove prospettive per il futuro. In questa performance, Serafin evoca incarnazioni di una specie non binaria, prefigurata dalla visione rituale di una divinità che danza in uno spazio primordiale in continua evoluzione. L’obiettivo è estirpare i concetti di patriarcato e innescare un processo di guarigione comunitaria, focalizzandosi sulle esperienze queer e indigene e sfidando gli strumenti di controllo del progetto coloniale, come l’eteronormatività cis.
I PADIGLIONI DA NON PERDERE / ARSENALE
PADIGLIONE ITALIA
Due qui / To Hear
Curatore / Luca Cerizza
Artista / Massimo Bartolini
L’installazione sonora e ambientale Due qui / To Hear dell’artista Massimo Bartolini è il nucleo centrale del Padiglione Italia alla 60esima Biennale Arte di Venezia. In stretta relazione con il contesto espositivo, questa mostra offre un percorso in cui vuoti e pieni, movimenti e soste conducono a incontri inaspettati con opere e installazioni di natura sonora e performativa.
Il titolo “Due qui / To Hear” è una traduzione volutamente errata, un gioco sull’assonanza tra “Two here” (due qui) e “To hear” (sentire/udire). Questo suggerisce la natura relazionale del suono: ci si incontra per ascoltarsi e per ascoltare l’altro, che sia un essere umano, una forma naturale o persino una macchina. Per Massimo Bartolini, l’arte è un percorso di conoscenza, e “prestare ascolto” diventa uno strumento per migliorarsi.
Il padiglione, frutto della collaborazione tra l’artista Massimo Bartolini (nato a Cecina nel 1962) e il curatore Luca Cerizza, è sofisticato ma non sovraccarico. “Due qui / To Hear” celebra l’importanza dell’ascolto e della pausa, offrendo un rifugio confortante ai visitatori stanchi dalla folla dell’Arsenale. Lo spazio tripartito può essere percorso sia dall’ingresso principale (dove si trova una statuetta di un pensatore Bodhisattva seduto all’inizio di una lunga canna d’organo) sia dal Giardino delle Vergini, concepito come un ulteriore ambiente del padiglione.
Nel cuore dello spazio centrale, un labirinto di tubi metallici per ponteggi, opportunamente modificati per suonare come un organo, culmina in una vasca circolare che contiene un’onda sonora che si ripete armonicamente. Questa esperienza immersiva invita i visitatori a riflettere sulla relazione tra suono e percezione, aprendo nuove prospettive sensoriali ed emotive.
PADIGLIONE ALBANIA
Love as a glass of water
Curatore / Antonio Grulli
Artista / Iva Lulashi
Al centro del progetto troviamo la teoria del “bicchiere d’acqua”, nata nella Russia prerivoluzionaria e legata al pensiero femminista di Alexandra Kollontai. Essa paragona gli impulsi sessuali al bisogno di bere un bicchiere d’acqua: naturali e da soddisfare con semplicità.
Lulashi, già da tempo esploratrice della sensualità e della sua rappresentazione, crea opere sospese tra fantasia e memoria, desiderio e piacere. I suoi lavori si nutrono della teoria del “bicchiere d’acqua”, riflettendo sulla sessualità come bisogno primario e sull’importanza di liberarsi dai condizionamenti sociali.
L’artista non offre risposte definitive, ma invita a una riflessione aperta e libera su questi temi, utilizzando un linguaggio visivo potente ed evocativo. Le sue opere diventano così uno strumento per ripensare i concetti di sessualità, desiderio e piacere, svincolandoli dalle visioni stereotipate e repressive.
PADIGLIONE MALTA
I Will Follow The Ship
Curatori / Elyse Tonna, Sara Dolfi Agostini
Artista / Matthew Attard
La personale di Matthew Attard (Malta, 1987), intitolata I Will Follow the Ship, rappresenta una riflessione tra passato e futuro. L’artista omaggia gli antichi graffiti navali di Malta e reinventa la tecnica del disegno utilizzando un eye-tracker, un dispositivo che traccia i movimenti oculari. Il nome stesso, con la doppia ambiguità tra “I” (io) e “eye” (occhio), suggerisce il confine sfumato tra l’umano e la macchina. Attard compone il disegno a partire dal suo sguardo. Nei grandi pannelli video che riproducono in tempo reale i disegni delle navi maltesi, emerge un mondo di cooperazione tecno-umana, pieno di speranza.
PADIGLIONE FILIPPINE
Kabilang-tabing ng panahong ito
Curatore / Carlos Quijon, Jr.
Artista / Mark Salvatus
Il Padiglione delle Filippine all’Arsenale è curato dall’artista contemporaneo Mark Salvatus, che vive e lavora tra Manila, Filippine, e Osaka in Giappone. La sua mostra esplora le etno-ecologie del Monte Banahaw, situato al confine della sua città natale, Lucban. Con il titolo Kabilang-tabing ng panahong ito (Dietro il sipario di quest’epoca), Salvatus mescola temi mistici con riflessioni sulla modernità. Le sue opere coinvolgono direttamente e indirettamente il pubblico, invitandolo a reinterpretare la politica quotidiana e le narrazioni della storia nazionale. L’artista ha battezzato questa pratica artistica Salvage Projects.
PADIGLIONE UZBEKISTAN
Don’t miss the cue
Curatore / Center for Contemporary Art Tashkent
Artista / Aziza Kadyri
Il poetico Padiglione uzbeko presenta il progetto monografico Don’t Miss the Cue dell’artista Aziza Kadyri. Questo progetto immagina il dietro le quinte di un teatro (dato che il padiglione è situato nel Teatro delle Tese all’Arsenale) per indagare le esperienze delle donne dell’Asia centrale e come esse riflettano sulla propria identità durante il processo di migrazione. Il padiglione è concepito come un viaggio all’interno dell’identità delle donne uzbeki: l’azzurro, colore tradizionale, è ubiquo, così come il Suzani, un ricamo uzbeko.
PADIGLIONE TURCHIA
Hollow and Broken: A State of the World
Artista / Gülsün Karamustafa
Gülsün Karamustafa, nata ad Ankara nel 1946, è un’artista visiva e cineasta considerata una delle migliori artiste turche della sua generazione. Attraverso narrazioni personali e storiche, Karamustafa esplora le questioni socio-politiche nella Turchia moderna, affrontando temi come sessualità-genere, esilio-etnicità e migrazione. La sua opera, intitolata Hollow and Broken: A State of the World, presentata al padiglione turco della 60ª Biennale di Venezia, indaga le dimensioni di rottura e svuotamento che derivano dalla guerra e si riflettono nell’assenza di valori e nella fragilità delle relazioni umane. Tra le opere più suggestive dell’installazione ci sono i lampadari realizzati con frammenti di vetro veneziano e decorati con filo spinato, unendo eleganza e riuso, nonché orrore della guerra e bellezza.
ALTRI LUOGHI
Guida Biennale di Venezia 2024 di Ɐ Revolt Magazine
In questa sezione saranno segnalati i padiglioni più interessanti fuori dai Giardini e dall’Arsenale e le mostre da non perdere.
PADIGLIONI DA NON PERDERE / ALTRI LUOGHI
PADIGLIONE SANTA SEDE
Con i miei occhi
Curatori / Chiara Paris, Bruno Racine
Artisti / Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret
Sede / Casa di detenzione femminile della Giudecca
Il Padiglione della Santa Sede è dedicato al tema dei diritti umani, che costituisce il fulcro del Pontificato di Papa Francesco. Il 28 aprile, Papa Francesco visiterà il Padiglione, segnando la prima visita di un pontefice alla Biennale.
Il progetto si svolge all’interno della Casa di detenzione femminile della Giudecca. Le visite al Padiglione, su prenotazione, sono guidate dalle detenute stesse e mirano a erodere i confini tra interno ed esterno, osservatore e osservato. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso l’esplorazione delle loro storie e l’arricchimento delle opere esposte con il contributo delle detenute, che includono poesie e la scoperta dei loro spazi vitali, come l’orto e il giardino. Si tratta di un messaggio universale di inclusione.
Il percorso inizia con la Caffetteria, dove sono esposte le opere dell’artista americana e attivista Suor Corita Kent, un’icona della Pop Art. Le divise bianche e nere indossate dalle donne della Casa, che fungono da guide durante il percorso, sono state realizzate da loro stesse. Questo avviene nell’ambito delle attività che alcune di loro svolgono, tra cui la coltivazione di legumi nell’orto, la lavanderia e la produzione di cosmetici e saponi per gli alberghi.
Successivamente, lungo un corridoio, sono esposte le opere di Simone Fattal: placche di lava smaltata con disegni e parti di poesie, che talvolta risultano difficili da leggere. All’esterno, sulla facciata della Cappella si staglia l’opera di Maurizio Cattelan. Nel Cortile centrale, l’artista Claire Fontaine presenta l’opera intitolata Siamo con voi nella notte, in dialogo con un’altra installazione luminosa dal titolo White Sight.
L’artista e regista Marco Perego insieme a Zoe Saldana propongono un cortometraggio girato nel cuore della Casa di reclusione femminile, immergendo lo spettatore in un viaggio introspettivo alla ricerca del significato della libertà.
Claire Tabouret ha realizzato le sue opere partendo dai ritratti d’infanzia delle detenute e dei loro affetti. Queste opere sono installate in una grande quadreria nella sala adiacente alla Cappella. Infine, Sonia Gomes presenta un’installazione composta da sculture sospese, intitolata Sinfonia, tra i balconcini teatrali e i confessionali della Cappella.
PADIGLIONE ESTONIA
Hora lupi
Curatori / Maria Arusoo, Estonian Centre for Contemporary Art, CCA
Artisti / Edith Karlson
Sede / Chiesa delle Penitenti, Fondamenta Cannaregio 890
La Chiesa di Santa Maria delle Penitenti è un edificio in rovina del XVIII secolo situato su un canale alla fine di Cannaregio. L’artista Edith Karlson cercava un luogo dove poter installare una scultura di una sirena per il padiglione estone, e, attratta dallo stato di abbandonato della chiesa, la ritenne lo spazio perfetto. In particolare, il buco nel pavimento di una stanza, attraverso il quale l’acqua del canale scorreva durante l’alta marea, catturò la sua attenzione.
La chiesa divenne una metafora della condizione umana: fragile, triste, in qualche modo rotta, ma piena di potenziale. Questo concetto permea anche le opere esposte. Karlson ha inserito le sue creazioni nello spazio esattamente come lo ha trovato, senza infliggere ulteriori danni o rimuovere polvere o rifiuti. Le opere spaziano dalle sculture di sirene ai giganti di cemento in mezzo a una battaglia, fino alle graziose gru di ceramica che si posano sul pavimento e in alto sopra gli altari della chiesa.
Il titolo Hora lupi fa riferimento al mitico “momento del lupo”, che si dice sia l’ora della notte in cui la maggior parte delle persone nasce o muore. La presentazione di Karlson ci guida attraverso momenti di lutto, malinconia e paura. In una stanza, l’artista rende omaggio al suo cane defunto con una versione in ceramica accoccolata su un letto. Nella stanza accanto, tre “donne tristi” sono fuse dall’artista, dai suoi amici e dalle mani delle sue nonne. C’è persino un armadio degli orrori, pieno di teschi di animali trovati, resi ultraterreni da una smagliante patina di smalto, accanto a sculture di mostri in terracotta realizzate dal figlio di Karlson.
Un senso di speranza e calore pervade una piccola stanza appesa con centinaia di volti in ceramica, debolmente illuminati da candele. Queste opere sono state realizzate dai visitatori dello studio dell’artista che non avevano mai usato l’argilla prima. In questo progetto in corso, Karlson invita i partecipanti a scolpire i loro volti. Anche queste creazioni riflettono un sentimento profondamente umano, ricco di ricordi di individui che affrontano con timore e disagio un compito straniero, ma che col tempo abbracciano l’ignoto.
PADIGLIONE GERMANIA / LA CERTOSA
Thresholds
Curatore / Çağla Ilk
Artisti Padiglione Germania / Yael Bartana, Ersan Mondtag
Artisti La Certosa / Michael Akstaller, Nicole L’Huillier, Robert Lippok, Jan St. Werner
Il Padiglione Tedesco quest’anno ha due sedi, quella storica ai Giardini e una seconda presso l’isola de La Certosa. Tutte le opere esposte esplorano il tema della soglia (thresholds) facolizzandosi sull’identità nazionale, il trauma e l’interazione tra passato e futuro.
Presso la suggestiva isola della Certosa, sono allestite alcune opere sonore che prendono vita all’aperto, emettendo frequenze ad alta intensità. Si ha l’impressione di ascoltare i sussurri degli alberi che conversano tra loro. In particolare, l’opera di Nicole L’Huillier, composta da microfoni contenuti da fogli di plastica, si distingue come la più peculiare. Queste opere, simili a pelli scarnificate, si adagiano sui rami, creando un’esperienza coinvolgente.
Per maggiori ingormazioni sulle opere esposte al Padiglione Tedesco, consulta QUI la guida dedicata ai Giardini.
PADIGLIONE NIGERIA
No man is an islan
Curatrice / Aindrea Emelife
Artisti / Tunji Adeniyi-Jones, Ndidi Dike, Onyeka Igwe, Toyin Ojih Odutola, Abraham Oghobase, Precious Okoyomon, Yinka Shonibare CBE RA, Fatimah Tuggar
Sede / Palazzo Canal, Dorsoduro 3121 (Rio terà Canal)
Il Padiglione della Nigeria a Dorsoduro si sviluppa su due piani, più un mezzanino, di Palazzo Correr che celebrano un Paese audace, desideroso di immaginarsi diverso senza nascondere criticità e ferite ancora aperte. Nigeria Imaginary è un sforzo collettivo, ispirato al laboratorio di idee Mbari Club di Ibadan nel 1961. Questo progetto individua con precisione chirurgica i punti di intervento da cui lavorare per ripristinare l’agency e la modernità nera e africana. Per farlo, vengono raccolti manufatti della storia locale, reinterpretati e contestualizzati. Questi oggetti sono poi accostati a nuove e impressionanti installazioni, dipinti che coprono l’intero soffitto, fotografie e allestimenti interattivi (chiedete un iPad per comprendere gli strumenti musicali esposti al primo piano).
Due opere fondamentali sono Blackwood: A Living Archive, con la sua parete di manganelli, realizzata per la Biennale da Ndidi Dike, e il Monument to the Restitution of the Mind and Soul, commissionato l’anno scorso dal Museum of West African Art a Yinka Shonibare, che affronta il tema delle razzie nell’antico Benin.
PADIGLIONE GRENADA
No man is an islan
Curatore / Daniele Radini Tedeschi
Artisti / Frederika Adam, BREAKFAST, Jason deCaires Taylor, Antonello Diodato Guardigli (ADGART), Alma Fakhre, Suelin Low Chew Tung, Gabriele Maquignaz, Lorenzo Marini, Benaiah Matheson, The Perceptive Group, Nello Petrucci
Sede / Palazzo Albrizzi Capello
Il Padiglione di Grenada, isola nel mar dei Caraibi, alla 60ª Esposizione Internazionale d’Arte presenta il progetto espositivo No man is an island. Curato da Daniele Radini Tedeschi, il progetto si ispira ai versi del poeta John Donne: «Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto […]. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te».
L’intenzione curatoriale, all’interno del tema “Stranieri Ovunque”, è quella di dare un volto collettivo all’umanità, senza divisioni o separazioni. Gli artisti in mostra, alcuni locali e altri internazionali, si ispirano al pensiero dello scrittore martinicano Édouard Glissant, promuovendo l’ascolto, il dialogo e lo scambio reciproco. In un momento storico in cui il numero di migranti forzati è elevato, combattere divisioni e totalitarismi diventa urgente. La migrazione, la decolonizzazione e la trans-culturalità saranno i filoni espressivi degli artisti, considerando l’importanza dei Caraibi come luogo di incontro e passaggio tra culture diverse. Tra gli artisti selezionati dal curatore troviamo Jason deCaires Taylor, Lorenzo Marini, Gabriele Maquignaz, Suelin Low Chew Tung, Antonello Diodato Guardigli (ADGART), Benaiah Matheson, Nello Petrucci, Frederika Adam, Alma Fakhre, Breakfast e The Perceptive Group.
PADIGLIONE CROAZIA
By the Means at Hand
Curatrice / Antonia Majača
Artista / Vlatka Horvat
Sede / Fàbrica 33 (Calle Larga dei Boteri, Cannaregio 5063)
L’artista Vlatka Horvat, nel padiglione Croazia, crea un progetto relazionale e processuale. Senza retorica e con estrema pulizia formale, trasforma una trama complessa di incontri, immagini e sguardi in un’esperienza di incontro e accoglienza. Horvat espone piccole opere bidimensionali di artisti di diverse nazionalità, accomunati dall’essere in diaspora e residenti in un Paese non proprio. In risposta, invia loro una sua opera-collage realizzata in loco. La logistica di scambi, consegne e spedizioni avviene tramite mani di persone amiche o conoscenti, documentata passo passo e presentata accanto alle opere stesse. L’artista rimarrà a Venezia fino alla fine della Biennale, abitando nel padiglione e continuando a alimentare questo archivio su eleganti display minimalisti in legno chiaro, con vista su un giardino attraverso grandi vetrate. Un progetto che cerca nuove strategie efficaci per creare comunità, documentando tutto.
PADIGLION AZERBAIJAN
From Caspian to Pink Planet: I Am Here
Curatori / Luca Beatrice, Amina Melikova
Artisti / Vusala Agharaziyeva, Rashad Alakbarov, Irina Eldarova
Sede / Campo della Tana, Castello 2126/A
Il padiglione dell’Azerbaigian si trova di fronte all’Arsenale e ospita un progetto curato da Anna Melikova e Luca Beatrice. L’esposizione presenta opere di tre artisti: Irina Eldarova, Rashad Alakbarov e la giovane Vusala Agharaziyeva.
Eldarova presenta una serie di opere che ritraggono Marilyn Monroe in diverse scene insieme a un lavoratore azero, creando una sorta di storia d’amore impossibile. Agharaziyeva ci conduce al “Pianeta Rosa”, titolo del progetto (Da Caspio a Pianeta Rosa: Io sono qui), mentre Alakbarov firma il terzo momento (Io sono qui) con un’installazione sorprendente nel finale.
Il percorso esplora temi come l’identità e la migrazione, conducendo alla metaforica “destinazione finale” del “Pianeta Rosa”, che ci fa sentire estranei nelle nostre stesse esistenze.
EVENTI E INSTALLAZIONI / BIENNALE DI VENEZIA 2024
ARENA FOR A TREE / KLAUS LITTMANN
Arsenale Nord
Fino al 31 luglio
In occasione dell’apertura della 60a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, l’artista tedesco Klaus Littmann presenta per la prima volta l’installazione Arena for a Tree. Quest’opera ha l’obiettivo di trasmettere un messaggio importante riguardante il riscaldamento globale e la sostenibilità.
Incastonata sullo sfondo dello storico Arsenale Nord, l’opera temporanea si erge come un’arca con un unico protagonista al centro: un albero. Da lontano, Arena for a Tree sembra una capsula di seme germogliante. Tuttavia, da vicino rivela una combinazione di scultura, architettura e podio. La tribuna offre tre file di posti a sedere e può ospitare fino a 50 persone alla volta, creando un’esperienza intima e una vista ideale degli alberi viventi le cui radici sono immerse in una vasca d’acqua.
MOSTRE ED EVENTI COLLATERALI
(in ordine cronologico)
I AM HYMNS OF THE NEW TEMPLES
Museo di Palazzo Grimani
Fino al 30 giugno
polomusealeveneto.beniculturali.it
L’esposizione presenta l’opera filmica omonima e una selezione di opere multi-materiche e disegni realizzati dall’artista tra il 2022 e il 2024. L’opera di Shawky esamina le nozioni storiche di identità nazionale, religiosa e artistica, analizzando i meccanismi con cui si costruiscono le narrazioni e come queste hanno influenzato la storia ufficiale. Girato nell’estate del 2022 tra le rovine dell’antica città di Pompei, I Am Hymns of the New Temples mostra, attraverso scene di marionette animate, ciò che emerge dalla fusione delle diverse culture che rendono Pompei un autentico teatro delle culture mediterranee, le cui diverse narrazioni sono inevitabilmente intrecciate.
La mostra, curata da Massimo Osanna e Andrea Viliani insieme a Gabriel Zuchtriegel, è organizzata in collaborazione tra il Museo di Palazzo Grimani e il Parco Archeologico di Pompei. Con questo progetto, il Parco Archeologico di Pompei è presente per la prima volta a Venezia in occasione della Biennale. La mostra accompagna la partecipazione dell’artista al Padiglione Egitto alla 60ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
MARRIAGE OF THE SEA (THE RAPE OF VENICE)
Palazzo Cesari Marchesi
Fino al 30 giugno
Il settecentesco Palazzo Cesari Marchesi sprofonda nel mare: meduse danzano insieme alla Venere di Tiziano, polipi si intrecciano con centauri, e coralli e angeli emergono. Venezia, con la sua bellezza e la sua storia, si immerge sotto le acque. Questa straordinaria scenografia è stata creata da Austin Young/Fallen Fruit. La mostra, intitolata Marriage of the Sea (the Rape of Venice), è curata da Viola Romoli e Luigi Franchin, direttori della galleria THE POOL NYC.
IMPROVING SONGS FOR ANXIOUS CHILDREN / GUGLIELMO CASTELLI
Istituzione Fondazione Bevilacqua la Masa / Palazzetto Tito
Fino al 7 luglio
Improving Songs for Anxious Children riunisce una serie di opere di Guglielmo Castelli sul sottile confine tra fragilità e violenza dove le figure, limitate dai propri stessi confini, provano a costruire il sé in una prospettiva distorta.
DOG ON THE FORGE / JIM DINE
Palazzo Rocca Contarini Corfù
Fino al 21 luglio
Jim Dine – Dog on the Forge presenta 32 nuove opere dell’artista americano fra dipinti, disegni, sculture in bronzo e legno e un’imponente installazione di sculture in bronzo all’aperto a Palazzo Rocca Contarini Corfù. Un’esplorazione dinamica del linguaggio e del sé.
WILLEM DE KOONING E L’ITALIA
Gallerie dell’Accademia a Venezia
Fino al 15 settembre
Si tratta probabilmente della più grande retrospettiva di Willem de Kooning mai organizzata in Italia, con 75 opere. Questo progetto analizza due periodi che l’artista ha trascorso in Italia, prima nel 1959 e poi nel 1969, e l’eco che hanno avuto sul suo lavoro.
JEAN COCTEAU. LA RIVINCITA DEL GIOCOLIERE
Collezione Peggy Guggenheim
Fino al 16 settembre
Questa è la prima grande retrospettiva realizzata in Italia dedicata a Jean Cocteau, conosciuto come l’enfant terrible della scena artistica francese del XX secolo. Oltre 150 lavori mettono in luce la versatilità che ha sempre caratterizzato il suo linguaggio artistico.
I CONFINI DELL’ALTERITÀ
Ghetto ebraico di Venezia / Spazio Ikona, Spazio Lab e Spazio Azzime
Fino al 27 ottobre
In tre zone del Ghetto, una collettiva di dieci artisti internazionali che hanno lavorato sui temi della migrazione e dell’incontro ispirandosi al quartiere nato nel 1516. A cura di Marcella Ansaldi, direttrice del Museo Ebraico di Venezia, Jemma Elliott-Israelson e Avi Ifergan.
LIMINAL / PIERRE HUYGHE
Punta della Dogana
Fino al 24 novembre
In occasione di questa grande mostra, Huyghe ha trasformato gli spazi in un’ottica di viaggio in costante evoluzione, per questo la mostra è una condizione transitoria, abitata da creature sia umane che non.
MUSEI DELLE LACRIME / FRANCESCO VEZZOLI
Museo Correr
Fino al 24 novembre
Questa mostra è pensata come un dialogo tra le opere contemporanee di Vezzoli e i capolavori storici del museo, tra cui spiccano le tele di Gentile e Giovanni Bellini, Antonello da Messina e molti altri. Un altro elemento centrale è l’allestimento che è un omaggio al celebre architetto Carlo Scarpa.
SELVA / EVA JOSPIN
Museo Fortuny
Fino al 24 novembre
In Selva, Eva Jospin crea un ambiente fiabesco che invita alla riflessione sul tema della creatività. La sua nuova composizione plastica, di forte impatto scenografico, evoca paesaggi naturali, formazioni geologiche e strutture architettoniche. Inoltre, per questa occasione, l’artista francese ha creato un’edizione speciale della fragranza Miss Dior.
ARE WE THE ALIENS_ / ARNE QUINZE
Chiesa di San Francesco della Vigna
Fino al 24 novembre
Dopo aver fatto tappa in diverse istituzioni ed eventi culturali, tra cui Frieze Sculpture, il Louisiana Museum of Modern Art e il Noor Riyadh Festival, Are We The Aliens_ segna il debutto di Arne Quinze a Venezia. La mostra presenta le sue prime sculture monumentali in vetro e ceramica, realizzate in collaborazione con i maestri artigiani Berengo Studio e Atelier Vierkant. Situata nella storica chiesa cinquecentesca di San Francesco della Vigna a Castello, l’esposizione fonde arte e suono in uno scenario extraterrestre che cattura l’essenza dell’estetica nascosta del nostro pianeta. Nel frattempo, la fusione del paesaggio sonoro digitale e strumentale di Swizz Beatz risuona nello spazio, creando un’interazione tra fragilità e forza.
COSMIC GARDEN
Art & Social Club di Venezia (Salone Verde)
Fino al 24 novembre
La mostra Cosmic Garden è un autentico omaggio alla bellezza pluralistica dell’artigianato indiano e alle tradizioni artistiche autoctone. Il progetto espositivo presenta una serie di dipinti e sculture realizzati da Madhvi Parekh e Manu Parekh. Inoltre, si esplora un ulteriore mezzo espressivo interdisciplinare: il ricamo, presente nelle opere create da Karishma Swali e dagli artigiani della Chanakya School of Craft, un istituto non-profit che promuove l’emancipazione sociale delle donne attraverso l’artigianato.
La mostra, curata da Maria Alicata e Paola Ugolini, è ospitata presso il Salone Verde – Art & Social Club di Venezia, nella storica zona di Rialto, e ha il supporto di Dior.
NEBULA. IN BETWEEN ART FILM
Complesso dell’Ospedaletto
Fino al al 24 novembre
Con Nebula, video installazioni site-specific raccontano la nebbia da un punto di vista materiale e metaforico: quando non ci si può orientare con la vista, strumenti sensoriali diversi ci fanno conoscere la nostra posizione e ciò che ci circonda.
MONTE DI PIETÀ / CHRISTOPH BÜCHEL
Fondazione Prada
Fino al 24 novembre
La mostra alla Fondazione Prada di Venezia, Monte di Pietà, rappresenta un progetto ideato dall’artista Christoph Büchel. L’obiettivo principale è indagare a fondo il concetto di debito come fondamento della società umana e come strumento primario attraverso cui si esercita il potere politico e culturale. Venezia, storicamente un crocevia di scambi commerciali e artistici, offre il contesto ideale per esplorare le complesse relazioni tra questi temi e le dinamiche profonde della società contemporanea.
La mostra si sviluppa attraverso un’installazione immersiva all’interno del palazzo di Ca’ Corner, occupando il piano terra, il mezzanino e il primo piano nobile. Il progetto presenta un banco dei pegni in stato di fallimento, ispirato all’aspetto originale del Monte di Pietà di Venezia. Oltre all’opera The Diamond Maker (2020-), l’esposizione include nuove produzioni, richiami a installazioni precedenti di Büchel e una variegata selezione di oggetti, opere d’arte storiche e contemporanee, nonché documenti legati alla storia della proprietà, al credito, alla finanza, alla creazione di collezioni e archivi e al significato di ricchezza reale o artificiale.
JE EST UN AUTRE
Espace Louis Vuitton
Fino al 24 novembre
Lo strett artist francese Ernest Pignon-Ernest presenta nello spazio veneziano della maison Louis Vuitton Je est un autre: protagonisti i “suoi” poeti e artisti, emarginati nel loro stesso paese, esclusi nella loro stessa epoca.
FORTUNY + CHAHAN
Fabbrica Fortuny
Visita su appuntamento, prenotabile sul sito
Un’originale collaborazione tra la rinomata tessitura Fortuny e il designer d’interni Chahan Minassian ha portato al restauro e alla riapertura al pubblico dell’ex residenza della contessa Gozzi, situata accanto alla fabbrica Fortuny alla Giudecca. Questa dimora storica è ora un affascinante mix di opere d’arte e mobili contemporanei.
ENSEMBLE / JULIE MEHRETU
Palazzo Grassi
Fino al al 6 gennaio
La personale Ensemble di Julie Mehretu abbraccia un periodo di venticinque anni della sua attività accogliendo anche opere di amici artisti con cui ha collaborato. Su due piani del palazzo, da visitare in libertà, senza ordine, per carpire le sovrapposizioni e stratificazioni della sua pratica artistica.