GUIDA BIENNALE DI VENEZIA 2024 di Ɐ REVOLT / Eventi / Biennale di Venezia 2024 / Altri Luoghi
Curata da Adriano Pedrosa, l’esposizione esplorerà il tema dello straniero in tutte le sue sfaccettature, attraverso le opere di artisti provenienti da ogni parte del mondo.
Ultima modifica: 2.7.24 11:11
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Questa Guida Biennale di Venezia 2024 (in costante aggiornamento) vi accompagnerà alla scoperta degli eventi imperdibili della Biennale, selezionando per voi le mostre più interessanti, le installazioni più suggestive, i party più esclusivi e i talk più stimolanti.
Puoi consultare anche le singole guide per:
Guida Generale / Giardini-Nucleo Storico / Arsenale-Nucelo Contemporaneo / Eventi Collaterali /
L’esposizione si articola in due sezioni principali: il Nucleo Storico ai Giardini e l’Arsenale.
ALTRI LUOGHI
Guida Biennale di Venezia 2024 di Ɐ Revolt Magazine
In questa sezione saranno segnalati i padiglioni più interessanti fuori dai Giardini e dall’Arsenale e le mostre da non perdere.
PADIGLIONI DA NON PERDERE / ALTRI LUOGHI
PADIGLIONE SANTA SEDE
Con i miei occhi
Curatori / Chiara Paris, Bruno Racine
Artisti / Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret
Sede / Casa di detenzione femminile della Giudecca
Il Padiglione della Santa Sede è dedicato al tema dei diritti umani, che costituisce il fulcro del Pontificato di Papa Francesco. Il 28 aprile, Papa Francesco visiterà il Padiglione, segnando la prima visita di un pontefice alla Biennale.
Il progetto si svolge all’interno della Casa di detenzione femminile della Giudecca. Le visite al Padiglione, su prenotazione, sono guidate dalle detenute stesse e mirano a erodere i confini tra interno ed esterno, osservatore e osservato. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso l’esplorazione delle loro storie e l’arricchimento delle opere esposte con il contributo delle detenute, che includono poesie e la scoperta dei loro spazi vitali, come l’orto e il giardino. Si tratta di un messaggio universale di inclusione.
Il percorso inizia con la Caffetteria, dove sono esposte le opere dell’artista americana e attivista Suor Corita Kent, un’icona della Pop Art. Le divise bianche e nere indossate dalle donne della Casa, che fungono da guide durante il percorso, sono state realizzate da loro stesse. Questo avviene nell’ambito delle attività che alcune di loro svolgono, tra cui la coltivazione di legumi nell’orto, la lavanderia e la produzione di cosmetici e saponi per gli alberghi.
Successivamente, lungo un corridoio, sono esposte le opere di Simone Fattal: placche di lava smaltata con disegni e parti di poesie, che talvolta risultano difficili da leggere. All’esterno, sulla facciata della Cappella si staglia l’opera di Maurizio Cattelan. Nel Cortile centrale, l’artista Claire Fontaine presenta l’opera intitolata Siamo con voi nella notte, in dialogo con un’altra installazione luminosa dal titolo White Sight.
L’artista e regista Marco Perego insieme a Zoe Saldana propongono un cortometraggio girato nel cuore della Casa di reclusione femminile, immergendo lo spettatore in un viaggio introspettivo alla ricerca del significato della libertà.
Claire Tabouret ha realizzato le sue opere partendo dai ritratti d’infanzia delle detenute e dei loro affetti. Queste opere sono installate in una grande quadreria nella sala adiacente alla Cappella. Infine, Sonia Gomes presenta un’installazione composta da sculture sospese, intitolata Sinfonia, tra i balconcini teatrali e i confessionali della Cappella.
PADIGLIONE ESTONIA
Hora lupi
Curatori / Maria Arusoo, Estonian Centre for Contemporary Art, CCA
Artisti / Edith Karlson
Sede / Chiesa delle Penitenti, Fondamenta Cannaregio 890
La Chiesa di Santa Maria delle Penitenti è un edificio in rovina del XVIII secolo situato su un canale alla fine di Cannaregio. L’artista Edith Karlson cercava un luogo dove poter installare una scultura di una sirena per il padiglione estone, e, attratta dallo stato di abbandonato della chiesa, la ritenne lo spazio perfetto. In particolare, il buco nel pavimento di una stanza, attraverso il quale l’acqua del canale scorreva durante l’alta marea, catturò la sua attenzione.
La chiesa divenne una metafora della condizione umana: fragile, triste, in qualche modo rotta, ma piena di potenziale. Questo concetto permea anche le opere esposte. Karlson ha inserito le sue creazioni nello spazio esattamente come lo ha trovato, senza infliggere ulteriori danni o rimuovere polvere o rifiuti. Le opere spaziano dalle sculture di sirene ai giganti di cemento in mezzo a una battaglia, fino alle graziose gru di ceramica che si posano sul pavimento e in alto sopra gli altari della chiesa.
Il titolo Hora lupi fa riferimento al mitico “momento del lupo”, che si dice sia l’ora della notte in cui la maggior parte delle persone nasce o muore. La presentazione di Karlson ci guida attraverso momenti di lutto, malinconia e paura. In una stanza, l’artista rende omaggio al suo cane defunto con una versione in ceramica accoccolata su un letto. Nella stanza accanto, tre “donne tristi” sono fuse dall’artista, dai suoi amici e dalle mani delle sue nonne. C’è persino un armadio degli orrori, pieno di teschi di animali trovati, resi ultraterreni da una smagliante patina di smalto, accanto a sculture di mostri in terracotta realizzate dal figlio di Karlson.
Un senso di speranza e calore pervade una piccola stanza appesa con centinaia di volti in ceramica, debolmente illuminati da candele. Queste opere sono state realizzate dai visitatori dello studio dell’artista che non avevano mai usato l’argilla prima. In questo progetto in corso, Karlson invita i partecipanti a scolpire i loro volti. Anche queste creazioni riflettono un sentimento profondamente umano, ricco di ricordi di individui che affrontano con timore e disagio un compito straniero, ma che col tempo abbracciano l’ignoto.
PADIGLIONE GERMANIA / LA CERTOSA
Thresholds
Curatore / Çağla Ilk
Artisti Padiglione Germania / Yael Bartana, Ersan Mondtag
Artisti La Certosa / Michael Akstaller, Nicole L’Huillier, Robert Lippok, Jan St. Werner
Il Padiglione Tedesco quest’anno ha due sedi, quella storica ai Giardini e una seconda presso l’isola de La Certosa. Tutte le opere esposte esplorano il tema della soglia (thresholds) facolizzandosi sull’identità nazionale, il trauma e l’interazione tra passato e futuro.
Presso la suggestiva isola della Certosa, sono allestite alcune opere sonore che prendono vita all’aperto, emettendo frequenze ad alta intensità. Si ha l’impressione di ascoltare i sussurri degli alberi che conversano tra loro. In particolare, l’opera di Nicole L’Huillier, composta da microfoni contenuti da fogli di plastica, si distingue come la più peculiare. Queste opere, simili a pelli scarnificate, si adagiano sui rami, creando un’esperienza coinvolgente.
Per maggiori ingormazioni sulle opere esposte al Padiglione Tedesco, consulta QUI la guida dedicata ai Giardini.
PADIGLIONE NIGERIA
No man is an islan
Curatrice / Aindrea Emelife
Artisti / Tunji Adeniyi-Jones, Ndidi Dike, Onyeka Igwe, Toyin Ojih Odutola, Abraham Oghobase, Precious Okoyomon, Yinka Shonibare CBE RA, Fatimah Tuggar
Sede / Palazzo Canal, Dorsoduro 3121 (Rio terà Canal)
Il Padiglione della Nigeria a Dorsoduro si sviluppa su due piani, più un mezzanino, di Palazzo Correr che celebrano un Paese audace, desideroso di immaginarsi diverso senza nascondere criticità e ferite ancora aperte. Nigeria Imaginary è un sforzo collettivo, ispirato al laboratorio di idee Mbari Club di Ibadan nel 1961. Questo progetto individua con precisione chirurgica i punti di intervento da cui lavorare per ripristinare l’agency e la modernità nera e africana. Per farlo, vengono raccolti manufatti della storia locale, reinterpretati e contestualizzati. Questi oggetti sono poi accostati a nuove e impressionanti installazioni, dipinti che coprono l’intero soffitto, fotografie e allestimenti interattivi (chiedete un iPad per comprendere gli strumenti musicali esposti al primo piano).
Due opere fondamentali sono Blackwood: A Living Archive, con la sua parete di manganelli, realizzata per la Biennale da Ndidi Dike, e il Monument to the Restitution of the Mind and Soul, commissionato l’anno scorso dal Museum of West African Art a Yinka Shonibare, che affronta il tema delle razzie nell’antico Benin.
PADIGLIONE GRENADA
No man is an islan
Curatore / Daniele Radini Tedeschi
Artisti / Frederika Adam, BREAKFAST, Jason deCaires Taylor, Antonello Diodato Guardigli (ADGART), Alma Fakhre, Suelin Low Chew Tung, Gabriele Maquignaz, Lorenzo Marini, Benaiah Matheson, The Perceptive Group, Nello Petrucci
Sede / Palazzo Albrizzi Capello
Il Padiglione di Grenada, isola nel mar dei Caraibi, alla 60ª Esposizione Internazionale d’Arte presenta il progetto espositivo No man is an island. Curato da Daniele Radini Tedeschi, il progetto si ispira ai versi del poeta John Donne: «Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto […]. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te».
L’intenzione curatoriale, all’interno del tema “Stranieri Ovunque”, è quella di dare un volto collettivo all’umanità, senza divisioni o separazioni. Gli artisti in mostra, alcuni locali e altri internazionali, si ispirano al pensiero dello scrittore martinicano Édouard Glissant, promuovendo l’ascolto, il dialogo e lo scambio reciproco. In un momento storico in cui il numero di migranti forzati è elevato, combattere divisioni e totalitarismi diventa urgente. La migrazione, la decolonizzazione e la trans-culturalità saranno i filoni espressivi degli artisti, considerando l’importanza dei Caraibi come luogo di incontro e passaggio tra culture diverse. Tra gli artisti selezionati dal curatore troviamo Jason deCaires Taylor, Lorenzo Marini, Gabriele Maquignaz, Suelin Low Chew Tung, Antonello Diodato Guardigli (ADGART), Benaiah Matheson, Nello Petrucci, Frederika Adam, Alma Fakhre, Breakfast e The Perceptive Group.
PADIGLIONE CROAZIA
By the Means at Hand
Curatrice / Antonia Majača
Artista / Vlatka Horvat
Sede / Fàbrica 33 (Calle Larga dei Boteri, Cannaregio 5063)
L’artista Vlatka Horvat, nel padiglione Croazia, crea un progetto relazionale e processuale. Senza retorica e con estrema pulizia formale, trasforma una trama complessa di incontri, immagini e sguardi in un’esperienza di incontro e accoglienza. Horvat espone piccole opere bidimensionali di artisti di diverse nazionalità, accomunati dall’essere in diaspora e residenti in un Paese non proprio. In risposta, invia loro una sua opera-collage realizzata in loco. La logistica di scambi, consegne e spedizioni avviene tramite mani di persone amiche o conoscenti, documentata passo passo e presentata accanto alle opere stesse. L’artista rimarrà a Venezia fino alla fine della Biennale, abitando nel padiglione e continuando a alimentare questo archivio su eleganti display minimalisti in legno chiaro, con vista su un giardino attraverso grandi vetrate. Un progetto che cerca nuove strategie efficaci per creare comunità, documentando tutto.
PADIGLION AZERBAIJAN
From Caspian to Pink Planet: I Am Here
Curatori / Luca Beatrice, Amina Melikova
Artisti / Vusala Agharaziyeva, Rashad Alakbarov, Irina Eldarova
Sede / Campo della Tana, Castello 2126/A
Il padiglione dell’Azerbaigian si trova di fronte all’Arsenale e ospita un progetto curato da Anna Melikova e Luca Beatrice. L’esposizione presenta opere di tre artisti: Irina Eldarova, Rashad Alakbarov e la giovane Vusala Agharaziyeva.
Eldarova presenta una serie di opere che ritraggono Marilyn Monroe in diverse scene insieme a un lavoratore azero, creando una sorta di storia d’amore impossibile. Agharaziyeva ci conduce al “Pianeta Rosa”, titolo del progetto (Da Caspio a Pianeta Rosa: Io sono qui), mentre Alakbarov firma il terzo momento (Io sono qui) con un’installazione sorprendente nel finale.
Il percorso esplora temi come l’identità e la migrazione, conducendo alla metaforica “destinazione finale” del “Pianeta Rosa”, che ci fa sentire estranei nelle nostre stesse esistenze.
EVENTI E INSTALLAZIONI / BIENNALE DI VENEZIA 2024
ARENA FOR A TREE / KLAUS LITTMANN

Arsenale Nord
Fino al 31 luglio
In occasione dell’apertura della 60a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, l’artista tedesco Klaus Littmann presenta per la prima volta l’installazione Arena for a Tree. Quest’opera ha l’obiettivo di trasmettere un messaggio importante riguardante il riscaldamento globale e la sostenibilità.
Incastonata sullo sfondo dello storico Arsenale Nord, l’opera temporanea si erge come un’arca con un unico protagonista al centro: un albero. Da lontano, Arena for a Tree sembra una capsula di seme germogliante. Tuttavia, da vicino rivela una combinazione di scultura, architettura e podio. La tribuna offre tre file di posti a sedere e può ospitare fino a 50 persone alla volta, creando un’esperienza intima e una vista ideale degli alberi viventi le cui radici sono immerse in una vasca d’acqua.