Guida Biennale di Venezia 2024 / Arsenale / Ɐlternativa

GUIDA BIENNALE DI VENEZIA 2024 di REVOLT / Eventi / Biennale di Venezia 2024 / Arsenale

Curata da Adriano Pedrosa, l’esposizione esplorerà il tema dello straniero in tutte le sue sfaccettature, attraverso le opere di artisti provenienti da ogni parte del mondo.

Ultima modifica: 18.6.24 11:11

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Questa Guida Biennale di Venezia 2024 (in costante aggiornamento) vi accompagnerà alla scoperta degli eventi imperdibili della Biennale, selezionando per voi le mostre più interessanti, le installazioni più suggestive, i party più esclusivi e i talk più stimolanti.

Puoi consultare anche le singole guide per:

Guida Generale / Giardini-Nucleo Storico / Altri Luoghi / Eventi Collaterali /

L’esposizione si articola in due sezioni principali: il Nucleo Storico ai Giardini e l’Arsenale.

ARSENALE

NUCLEO CONTEMPORANEO & PADIGLIONI

Guida Biennale di Venezia 2024 di Ɐ Revolt Magazine

Biennale di Venezia 2024 / Arsenale / Mappa
Biennale di Venezia 2024 / Arsenale / Mappa

NUCLEO CONTEMPORANEO

Il Nucleo Contemporaneo della Biennale di Venezia 2024 si concentra su quattro soggetti: l’artista queer, spesso perseguitato o emarginato; l’artista outsider, ai margini del mondo dell’arte; l’artista autodidatta, folk o popolare; e l’artista indigeno, spesso considerato uno straniero nella propria terra. Questi soggetti costituiranno il fulcro di questa edizione.

«Il termine italiano “straniero”, il portoghese “estrangeiro”, il francese “étranger” e lo spagnolo “extranjero” sono tutti collegati sul piano etimologico rispettivamente alle parole “strano”, “estranho”, “étrange” ed “extraño”, ovvero all’estraneo. Viene in mente Das Unheimliche di Sigmund Freud, Il perturbante nell’edizione italiana, che in portoghese è stato tradotto con “o estranho”, lo strano che, nel profondo, è anche familiare. Secondo l’American Heritage e l’Oxford English Dictionary, il primo significato della parola “queer” è proprio “strange” (“strano”), pertanto la Mostra si svilupperà e si concentrerà sulla produzione di ulteriori soggetti connessi: l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk o popularl’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. La produzione di questi quattro soggetti  sarà il fulcro di questa edizione e andrà a costituire il Nucleo Contemporaneo».

Disobedience Archive
Curatore / Marco Scotini
Biennale di Venezia 2024 / Disobedience Archive
Biennale di Venezia 2024 / Disobedience Archive

Disobedience Archive è una mostra-archivio presentata alla Biennale di Venezia 2024. Ideata come un archivio eterogeneo di immagini video in continua evoluzione, questa esposizione indaga temi come il femminismo, l’ecologismo e la disobbedienza sociale. Le opere di 39 artisti e collettivi, realizzate tra il 1975 e il 2023, costituiscono un atlante di storie e tattiche di disobbedienza. La curatrice Juliana Ziebell ha suddiviso la sezione in due parti principali: Diaspora Activism e Gender Disobedience.

21 Boulevard Mustapha Benboulaid
Artista / Lydia Ourahmane
21 Boulevard Mustapha Benboulaid - Lydia Ourahmane -Basel 2021
21 Boulevard Mustapha Benboulaid – Lydia Ourahmane -Basel 2021

Lydia Ourahmane conosce da sempre il movimento; la transitorietà è il modo in cui le è stato insegnato a vivere. L’artista ha sradicato e ricreato integralmente il proprio appartamento in affitto di Algeri, per essere “a casa” quando le frontiere si sono chiuse a causa della pandemia. L’opera Entrance (1901-2021) comprende due porte funzionanti. La prima porta, originale in legno, risale al 1901 ed è derivata da un tipico appartamento parigino.

L’occupazione francese voleva che Algeri assomigliasse alla Francia, quindi questa porta rappresenta quel desiderio. La seconda porta, in metallo e dotata di cinque serrature, è stata aggiunta negli anni Novanta, durante la guerra civile. Queste due porte comunicano tra loro e dialogano con l’artista e con ciò che c’è fuori. L’ingresso, leggermente socchiuso, incarna una fusione dei due momenti storici ed è un simbolo dell’invasione architettonica della fiducia collettiva che è stata costruita e poi spezzata durante la guerra d’indipendenza. L’opera è stata descritta come un “palinsesto di storie” e ora l’appartamento e i suoi oggetti “restituiti” sono tornati a essere utilizzati da amici, liberando l’artista dall’ingresso originale in modo catartico.

Prêt-à-Patria 2024
Artista / Bárbara Sánchez-Kane
Biennale di Venezia 2024 / prêt-à-patria / Barbara Sanchez Kane
Biennale di Venezia 2024 / prêt-à-patria / Barbara Sanchez Kane

Sovvertendo il termine francese prêt-à-porter (pronto da indossare) con quello di “patria” della cerimonia statale messicana dell’Escolta de Bandera, Bárbara Sánchez-Kane ha progettato e creato l’installazione scultorea di una nuova uniforme militare. Quest’opera, intitolata Prêt-à-Patria (2021), analizza le nozioni e i simboli egemonici di mascolinità e potere. Basandosi sul rituale militare di protezione e onorificenza della bandiera nazionale, noto in Messico come “Escolta de Bandera”, la performance presenta un gruppo di uomini che indossano la versione di Sánchez-Kane dell’uniforme militare, con la schiena scoperta e indumenti intimi di pizzo. Attraverso l’accostamento di abiti maschili e femminili sui corpi dei militari, “Prêt-à-Patria” si presenta come una visione salace e sardonica del nazionalismo messicano, del rispetto per lo stato e dell’indottrinamento violento delle identità. Questa è la prima volta che l’opera di Bárbara Sánchez-Kane viene presentata alla Biennale Arte.

VOID (2022 – in corso)
Artista / Joshua Serafin
Biennale di Venezia 2024 / VOID
Biennale di Venezia 2024 / VOID

Fondendosi con l’assenza totale e il potenziale di diventare qualsiasi cosa, la performance queer video VOID (2022 – in corso) di Joshua Serafin, presentata all’Arsenale, libera i miti che circondano la creazione dell’arcipelago filippino, aprendo nuove prospettive per il futuro. In questa performance, Serafin evoca incarnazioni di una specie non binaria, prefigurata dalla visione rituale di una divinità che danza in uno spazio primordiale in continua evoluzione. L’obiettivo è estirpare i concetti di patriarcato e innescare un processo di guarigione comunitaria, focalizzandosi sulle esperienze queer e indigene e sfidando gli strumenti di controllo del progetto coloniale, come l’eteronormatività cis.

I PADIGLIONI DA NON PERDERE / ARSENALE

PADIGLIONE ITALIA

Due qui / To Hear
Curatore / Luca Cerizza
Artista / Massimo Bartolini

L’installazione sonora e ambientale Due qui / To Hear dell’artista Massimo Bartolini è il nucleo centrale del Padiglione Italia alla 60esima Biennale Arte di Venezia. In stretta relazione con il contesto espositivo, questa mostra offre un percorso in cui vuoti e pieni, movimenti e soste conducono a incontri inaspettati con opere e installazioni di natura sonora e performativa.

Il titolo “Due qui / To Hear” è una traduzione volutamente errata, un gioco sull’assonanza tra “Two here” (due qui) e “To hear” (sentire/udire). Questo suggerisce la natura relazionale del suono: ci si incontra per ascoltarsi e per ascoltare l’altro, che sia un essere umano, una forma naturale o persino una macchina. Per Massimo Bartolini, l’arte è un percorso di conoscenza, e “prestare ascolto” diventa uno strumento per migliorarsi.

Il padiglione, frutto della collaborazione tra l’artista Massimo Bartolini (nato a Cecina nel 1962) e il curatore Luca Cerizza, è sofisticato ma non sovraccarico. “Due qui / To Hear” celebra l’importanza dell’ascolto e della pausa, offrendo un rifugio confortante ai visitatori stanchi dalla folla dell’Arsenale. Lo spazio tripartito può essere percorso sia dall’ingresso principale (dove si trova una statuetta di un pensatore Bodhisattva seduto all’inizio di una lunga canna d’organo) sia dal Giardino delle Vergini, concepito come un ulteriore ambiente del padiglione. 

Nel cuore dello spazio centrale, un labirinto di tubi metallici per ponteggi, opportunamente modificati per suonare come un organo, culmina in una vasca circolare che contiene un’onda sonora che si ripete armonicamente. Questa esperienza immersiva invita i visitatori a riflettere sulla relazione tra suono e percezione, aprendo nuove prospettive sensoriali ed emotive.

PADIGLIONE ALBANIA

Love as a glass of water
Curatore / Antonio Grulli
Artista / Iva Lulashi

Al centro del progetto troviamo la teoria del “bicchiere d’acqua”, nata nella Russia prerivoluzionaria e legata al pensiero femminista di Alexandra Kollontai. Essa paragona gli impulsi sessuali al bisogno di bere un bicchiere d’acqua: naturali e da soddisfare con semplicità.

Lulashi, già da tempo esploratrice della sensualità e della sua rappresentazione, crea opere sospese tra fantasia e memoria, desiderio e piacere. I suoi lavori si nutrono della teoria del “bicchiere d’acqua”, riflettendo sulla sessualità come bisogno primario e sull’importanza di liberarsi dai condizionamenti sociali.

L’artista non offre risposte definitive, ma invita a una riflessione aperta e libera su questi temi, utilizzando un linguaggio visivo potente ed evocativo. Le sue opere diventano così uno strumento per ripensare i concetti di sessualità, desiderio e piacere, svincolandoli dalle visioni stereotipate e repressive.

PADIGLIONE MALTA

I Will Follow The Ship
Curatori / Elyse Tonna, Sara Dolfi Agostini
Artista / Matthew Attard

La personale di Matthew Attard (Malta, 1987), intitolata I Will Follow the Ship, rappresenta una riflessione tra passato e futuro. L’artista omaggia gli antichi graffiti navali di Malta e reinventa la tecnica del disegno utilizzando un eye-tracker, un dispositivo che traccia i movimenti oculari. Il nome stesso, con la doppia ambiguità tra “I” (io) e “eye” (occhio), suggerisce il confine sfumato tra l’umano e la macchina. Attard compone il disegno a partire dal suo sguardo. Nei grandi pannelli video che riproducono in tempo reale i disegni delle navi maltesi, emerge un mondo di cooperazione tecno-umana, pieno di speranza.

PADIGLIONE FILIPPINE

Kabilang-tabing ng panahong ito
Curatore / Carlos Quijon, Jr.
Artista / Mark Salvatus

Il Padiglione delle Filippine all’Arsenale è curato dall’artista contemporaneo Mark Salvatus, che vive e lavora tra Manila, Filippine, e Osaka in Giappone. La sua mostra esplora le etno-ecologie del Monte Banahaw, situato al confine della sua città natale, Lucban. Con il titolo Kabilang-tabing ng panahong ito (Dietro il sipario di quest’epoca), Salvatus mescola temi mistici con riflessioni sulla modernità. Le sue opere coinvolgono direttamente e indirettamente il pubblico, invitandolo a reinterpretare la politica quotidiana e le narrazioni della storia nazionale. L’artista ha battezzato questa pratica artistica Salvage Projects.

PADIGLIONE UZBEKISTAN

Don’t miss the cue
Curatore / Center for Contemporary Art Tashkent
Artista / Aziza Kadyri

Il poetico Padiglione uzbeko presenta il progetto monografico Don’t Miss the Cue dell’artista Aziza Kadyri. Questo progetto immagina il dietro le quinte di un teatro (dato che il padiglione è situato nel Teatro delle Tese all’Arsenale) per indagare le esperienze delle donne dell’Asia centrale e come esse riflettano sulla propria identità durante il processo di migrazione. Il padiglione è concepito come un viaggio all’interno dell’identità delle donne uzbeki: l’azzurro, colore tradizionale, è ubiquo, così come il Suzani, un ricamo uzbeko.

PADIGLIONE TURCHIA

Hollow and Broken: A State of the World
Artista / Gülsün Karamustafa

Gülsün Karamustafa, nata ad Ankara nel 1946, è un’artista visiva e cineasta considerata una delle migliori artiste turche della sua generazione. Attraverso narrazioni personali e storiche, Karamustafa esplora le questioni socio-politiche nella Turchia moderna, affrontando temi come sessualità-genere, esilio-etnicità e migrazione. La sua opera, intitolata Hollow and Broken: A State of the World, presentata al padiglione turco della 60ª Biennale di Venezia, indaga le dimensioni di rottura e svuotamento che derivano dalla guerra e si riflettono nell’assenza di valori e nella fragilità delle relazioni umane. Tra le opere più suggestive dell’installazione ci sono i lampadari realizzati con frammenti di vetro veneziano e decorati con filo spinato, unendo eleganza e riuso, nonché orrore della guerra e bellezza.

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