Guida Biennale di Venezia 2024 / Giardini / Ɐlternativa

GUIDA BIENNALE DI VENEZIA 2024 di REVOLT / Eventi / Biennale di Venezia 2024 / Giardini

Curata da Adriano Pedrosa, l’esposizione esplorerà il tema dello straniero in tutte le sue sfaccettature, attraverso le opere di artisti provenienti da ogni parte del mondo.

Ultima modifica: 2.7.24 11:11

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Questa Guida Biennale di Venezia 2024 (in costante aggiornamento) vi accompagnerà alla scoperta degli eventi imperdibili della Biennale, selezionando per voi le mostre più interessanti, le installazioni più suggestive, i party più esclusivi e i talk più stimolanti.

Puoi consultare anche le singole guide per:

Guida Generale / Arsenale-Nucelo Contemporaneo / Altri Luoghi / Eventi Collaterali

GIARDINI

NUCLEO STORICO & PADIGLIONI

Guida Biennale di Venezia 2024 di Ɐ Revolt Magazine

Biennale di Venezia 2024 / Giardini / Mappa
Biennale di Venezia 2024 / Giardini / Mappa

NUCLEO STORICO

L’energia e la vivacità che emergono dal quotidiano cileno, intessuto dal collettivo Bordadoras de Isla Negra, e dalle sottoculture techno del padiglione Ungheria di Márton Nemes, trasformano radicalmente questa edizione sin dall’ingresso del Padiglione Centrale nei Giardini storici della Biennale. Settecento metri quadri di visioni mistiche sono offerti dal collettivo indigeno amazzonico Mahku (Movimento dos Artistas Huni Kuin), nato dalla vendita di tele per acquistare terre da proteggere dalla deforestazione. Queste opere, create sotto l’influsso rituale dell’ayahuasca, ci conducono alle origini della separazione tra popoli e luoghi diversi, raccontando la storia di kapewë pukeni (il ponte-alligatore).

«Il Nucleo Storico è composto da opere del XX secolo provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia e dal mondo arabo. Si è scritto molto sui modernismi globali e su quelli del Sud del mondo, motivo per cui in alcune sale saranno esposti lavori provenienti da tali territori, come a costituire una sorta di saggio, una bozza, un ipotetico esperimento curatoriale volto a mettere in discussione i confini e le definizioni del Modernismo. Conosciamo fin troppo bene la storia del Modernismo in Euroamerica, ma i modernismi del Sud globale rimangono in gran parte sconosciuti. […]. Lo stesso Modernismo europeo ha viaggiato ben oltre l’Europa nel corso del Novecento, spesso intrecciandosi con il colonialismo, così come molti artisti del Sud globale si sono recati in Europa per esporre il proprio lavoro. […]».

Il Nucleo Storico prevede tre sale nel Padiglione Centrale: le sale intitolate Ritratti, la sala dedicata alle Astrazioni e una terza sala dedicata alla diaspora artistica italiana nel mondo lungo il corso del XX secolo.

RITRATTI
Biennale di Venezia 2024 / Ritratti
Biennale di Venezia 2024 / Ritratti

Nelle due sale dedicate ai “Ritratti” saranno esposte le opere di 112 artisti, principalmente dipinti ma anche lavori su carta e sculture, realizzate tra il 1905 e il 1990. Queste opere si concentrano sulla progressiva crisi e sull’evoluzione della rappresentazione della figura umana, un tema che ha caratterizzato tutto il XX secolo. Sarà interessante osservare come molti di questi autori, provenienti dal Sud globale, abbiano elaborato il concetto di figura umana in base alle proprie sensibilità e riflessioni, dopo essere entrati in contatto con il Modernismo europeo attraverso viaggi, studi e libri.

ASTRAZIONI
Biennale di Venezia 2024 / Astrazioni
Biennale di Venezia 2024 / Astrazioni

La sala dedicata alle Astrazioni alla Biennale di Venezia 2024 ospiterà 37 artisti provenienti da diverse parti del mondo. Tra questi, quasi tutti verranno esposti insieme per la prima volta in impreviste giustapposizioni, auspicando così connessioni e nuove prospettive artistiche. Gli artisti provengono da Argentina, Aotearoa/Nuova Zelanda, Brasile, Colombia, Cuba, Repubblica Dominicana, Egitto, Guatemala, India, Indonesia, Iraq, Giordania, Libano, Messico, Marocco, Pakistan, Palestina, Filippine, Porto Rico, Sudafrica e Turchia. Ci sono anche artisti indigeni Maori come Selwyn Wilson, Sandy Adsett o come Etel Adnan e Samia Halaby. Questa esposizione si concentra sulla produzione di artisti che utilizzano tecniche considerate “altre” o “estranee”, e celebra la diversità culturale e l’arte sconosciuta del Global South.

DIASPORA ARTISTICA ITALIANA NEL MONDO

Nella sala è esposta la tradizione artistica nata dagli autori italiani o di discendenza italiana che, nel corso del Novecento, hanno scelto di emigrare. In particolare, vengono presentati 40 artisti italiani di prima e seconda generazione che hanno sviluppato le loro carriere in Africa, America Latina, Europa e negli Stati Uniti. Le loro opere riflettono i risultati della fusione culturale e artistica che ne è derivata, oltre a essere state significative per una narrazione del Modernismo al di fuori dell’Italia.

I PADIGLIONI DA NON PERDERE / GIARDINI

PADIGLIONE GIAPPONE

Compose
Curatrice / Sook-Kyung Lee
Artista / Yuko Mohri

La personale Compose di Yuko Mohri (nata a Kanagawa nel 1980) nel Padiglione giapponese sembra celare un segreto sulla natura umana, rivelato solo in parte. La mostra, curata dalla direttrice artistica dell’ultima Biennale di Gwangju, Sook-Kyung Lee, è concepita per interagire con il pubblico in vari modi, incluso l’emissione di un profumo umido di fiori. Lo spazio espositivo è un intrigante mosaico di sculture acquatiche che, ispirandosi alla pratica giapponese di tamponare le perdite con mezzi improvvisati, deviano l’acqua lungo percorsi imprevedibili, creando effetti musicali. Stivaletti da pioggia, ombrelli, lampadine e ventagli danzano in coreografie delicate, affiancati da frutta marcescente collegata a elettrodi per trasformare gli impulsi in musica. Questa bizzarra e giocosa polifonia di elementi costituisce una riflessione più ampia sull’equilibrio tra arte e vita.

PADIGLIONE GERMANIA

Thresholds
Curatore / Çağla Ilk
Artisti / Yael Bartana, Ersan Mondtag, Michael Akstaller, Nicole L’Huillier, Robert Lippok, Jan St. Werner

Il Padiglione Tedesco quest’anno ha due sedi, quella storica ai Giardini e una seconda presso l’isola de La Certosa. Tutte le opere esposte esplorano il tema della soglia (thresholds) facolizzandosi sull’identità nazionale, il trauma e l’interazione tra passato e futuro.

Il viaggio inizia ai Giardini, dove Ersan Mondtag ha trasformato la facciata del padiglione con una collina di terra e Yael Bartana presenta un video ispirato ai viaggi spaziali dal Libro di Isaia. Queste opere non convenzionali attirano numerosi visitatori.

L’opera di Ersan Mondtag combina installazione, performance, video, scultura, musica, poesia. A ispirare questa articolata installazione è Bertold Brecht. Struggente la rappresentazione di una famiglia della Berlino Ovest degli anni Sessanta, che si rifà alla vicenda biografica del nonno dell’artista, Hasan Aygün, emigrato da Ankara e impiegato nella compagnia Eternit, che causerà la sua morte per cancro ai polmoni. L’eternit è allo stesso tempo simbolo di un miracolo economico e della fine di un sogno.

Yael Bartana con la sua opera dal sapore sci-fi, ci mostra un’astronave destinata a trasportare l’umanità verso altre galassie; Il filmato Farewell mette in scena una cerimonia pagana con danzatori e maschere di animali in un bosco di notte, è l’ultimo saluto prima della partenza nel cosmo

Per apprezzare appieno il Padiglione Tedesco, bisogna avventurarsi fino all’isola La Certosa. Tutte le opere, infatti, sono strettamente correlate. Questa divisione invita gli spettatori a esplorare la città, sfidando il tradizionale modello di padiglione nazionale. Per maggiori informazioni sulla seconda sede consulta QUI la guida Altri Luoghi.

PADIGLIONE STATI UNITI

The space in which to place me
Curatrici / Kathleen Ash-Milby, Abigail Winograd
Artista / Jeffrey Gibson

The space in which to place me di Jeffrey Gibson (nato a Colorado Springs nel 1972) trasforma il padiglione degli Stati Uniti in un luogo in cui l’arte indigena e una vasta gamma di espressioni e identità culturali sono al centro dell’esperienza americana. La mostra presenta sculture multimediali di nuova produzione, dipinti realizzati con tecniche miste, murales site-specific, un’installazione video multicanale e una grande installazione esterna.

La figura di Gibson è un mix di origini Cherokee e Choctaw (ed è il primo artista indigeno americano a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia) e un’identità queer. Questi aspetti emergono chiaramente dalle sue opere colorate: alcune leggere, come le paperelle ricoperte di perline, altre più impegnate, come quelle che includono la poesia visiva. Il padiglione statunitense è una vera festa, e per chiuderla in bellezza, un video caleidoscopico mostra danzatori che eseguono una danza tradizionale indigena sulle note del duo elettronico canadese The Halluci Nation.

PADIGLIONE FRANCIA

Attila cataracte ta source aux pieds des pitons verts finira dans la grande mer gouffre bleu nous nous noyâmes dans les larmes marées de la lune
Curatrici / Céline Kopp, Cindy Sissokho
Artista / Julien Creuzet

Julien Creuzet (Parigi, 1986), artista franco-caraibico, rappresenta la Francia al Padiglione della Biennale di Venezia 2024. La sua personale al Padiglione Francia è un omaggio all’eredità caraibica dell’artista. Le pareti sono animate dai versi delle sue poesie in francese creolo della Martinica, e le sculture appese ai soffitti sono intrecciate con grandi reti colorate. Queste reti scandiscono lo spazio, mentre gli schermi mostrano video di “simulazioni” sottomarine dal gusto futuristico e dai colori vivaci. Un’esperienza ultraterrena che unisce storie, simbolismi e tradizioni, con riferimenti alla geografia fluida che collega la Martinica all’Africa.

PADIGLIONE POLONIA

Repeat after Me II 
Curatrice / Marta Czyż
Artisti / Open Group (Yuriy Biley, Pavlo Kovach, Anton Varga)

Il Padiglione della Polonia, curato da Marta Czyż, esplora la memoria e l’elaborazione del trauma del conflitto attraverso le installazioni audiovisive del collettivo ucraino Open Group, composto da Yuriy Biley, Pavlo Kovach e Anton Varga. Nei primi piani ravvicinati sui volti, i personaggi-attori-testimoni della guerra invitano il pubblico a interagire con una sorta di karaoke malinconico e grottesco. Tuttavia, anziché ripetere parole di una canzone popolare, qui si riproducono i suoni delle sirene, dei missili e le esplosioni delle armi: ricordi di guerra evocati e amplificati nell’oscurità della sala del padiglione. Si crea così un disarmante scambio tra rifugiati e visitatori, basato unicamente sul suono.

PADIGLIONE EGITTO

Drama 1882    –   دراما ١٨٨٢
Curatore-Artista / Wael Shawky

L’artista Wael Shawky rappresenta l’Egitto al Padiglione della Biennale di Venezia 2024. La sua opera Drama 1882 è un musical filmato che esplora la rivolta nazionalista egiziana contro l’influenza imperiale nel 1879-82. Questa rivolta fu soffocata dai britannici nel 1882, che poi occuparono l’Egitto fino al 1956. Il film è accompagnato da sculture, dipinti, disegni e un rilievo a specchio realizzato a Murano.

Gli episodi storici, allegorici e mitologici sono il pretesto per mettere in scena una lucida analisi sul presente, sui conflitti in atto che hanno origini antichissime. Con Drama 1882, l’artista si è cimentato come regista, compositore e coreografo, mostrando una propria versione delle vicende della rivoluzione nazionalista degli Orābī. Cullati da canti arabi, ci si aggira nel padiglione scoprendo uno a uno gli altri indizi, sculture, installazioni che, con misura, accompagnano il visitatore in un Arabian Drama. Per gli ammiratori di Shawky, da non perdere è anche il video Hymns of The New Temples, in esposizione a Palazzo Grimani.

PADIGLIONE ISRAELE

(M)otherland 
Curatrici / Mira Lapidot, Tamar Margalit
Artista / Ruth Patir

Per volontà di artisti e curatori, il padiglione di Israele resterà chiuso e sorvegliato a vista. Il cartello all’entrata recita “fino al cessate il fuoco e al raggiungimento di un accordo per la liberazione degli ostaggi” del conflitto a Gaza, mentre noi possiamo riflettere su quelli del mondo dell’arte.

Molti intellettuali, prima dell’apertura della Biennale 2024, hanno chiesto di escludere Israele per non “legittimare le sue politiche genocide a Gaza”.

La scelta della direzione si è mossa nella direzione contraria, ma a pochi giorni dall’inaugurazione, l’artista Ruth Patir e le curatrici Mira Lapidot e Tamar Margalit hanno deciso che il padiglione non avrebbe aperto al pubblico.

All’interno del Padiglione tutto è allestito per mostrare il progetto (M)otherland che noi abbiamo visto in parte attraverso le vetrate, ma come ha detto Patir “come artista ed educatrice rifiuto fortemente il boicottaggio culturale, ma sono in grande difficoltà a presentare un progetto che parla di vulnerabilità per la vita in un momento in cui non c’è rispetto per essa”.

PADIGLIONE SERBIA

Exposition Coloniale 
Curatrice / Ksenija Samadržija
Artista / Aleksandar Denić

Tutto il progetto ruota attorno all’uso del “luogo” e lo spazio del padiglione viene concepito come un’eterotopia. L’artista ha dato vita ad una dialettica tra situazioni architettoniche distinte che risultano visivamente sorprendenti e provocatorie. Appena entri ti senti catapultare in una dimensione in bilico tra un passato immaginato e un futuro distopico: la scritta Europa al contrario è la ciliegina sulla torta.

L’intero progetto ruota attorno all’utilizzo del “luogo” e concepisce lo spazio del padiglione come un’eterotopia. L’artista ha creato una dialettica tra situazioni architettoniche distinte, che risultano visivamente sorprendenti e provocatorie. Appena lo spettatore entra è catapultato in una dimensione in bilico tra un passato immaginato e un futuro distopico. La scritta “Europa” al contrario è un dettaglio che amplifica l’atmosfera enigmatica e speculativa dell’opera.

PADIGLIONE AUSTRIA

Swan Lake
Curatore / Gabriele Spindler
Artista / Anna Jermolaewa

L’artista concettuale Anna Jermolaewa, rifugiata politica a Vienna, rappresenta l’Austria al Padiglione della Biennale di Venezia 2024. La sua mostra esplora la resistenza attraverso una varietà di medium: video, installazioni, oggetti luminosi, sonori ed elementi performativi. Jermolaewa condivide le sue esperienze migratorie personali come forme di resistenza non violenta contro regimi autoritari. Un aspetto potente del progetto è la capacità di trasmettere questo messaggio attraverso opere nuove e estensioni di opere esistenti. 

Inoltre, l’installazione “Ogni rivoluzione ha il suo fiore” presenta una natura morta composta da garofani, rose, tulipani, fiordalisi, fiori di loto, crochi zafferano, gelsomino, un cedro e un arancio, simboli che richiamano la paura dei regimi non democratici nei confronti di una rivolta popolare.

PADIGLIONE SVIZZERA

Super Superior Civilizations
Curatore / Andrea Bellini
Artista / Guerreiro do Divino Amor

Il titolo Superior Civilizations è un programma in sé. Guerreiro do Divino Amor, artista svizzero-brasiliano invitato al Padiglione della Svizzera di quest’edizione, affonda il dito nella profonda ferita che affligge l’Europa nel suo incompiuto processo di elaborazione del passato coloniale. L’artista suggerisce che l’autocritica può essere kitsch, graffiante, antiretorica e anche poco politically correct, purché questa scomodità sia presentata come “qualcosa di completamente diverso”.

Nel progetto ventennale condotto dall’artista nato nel 1983, i giochi di colori, materiali e tecnologie sono mixati in maniera sperimentale con il canto, la performance, il travestimento e la scenografia. Qui la classicità cambia segno, preannunciando i veri contenuti: potere e supremazia occidentali sono mostrati in versione surreale e allucinata.

Il video Il Miracolo di Helvetia afferma che la Svizzera non è un paradiso terrestre, mentre l’installazione audiovisiva al di là del tunnel, Roma Talismano, con la partecipazione della cantante brasiliana Ventura Profana, mette in discussione la profonda certezza occidentale delle nobili e vittoriose radici dell’Impero romano.

PADIGLIONE PAESI BASSI

The International Celebration of Blasphemy and The Sacred
Curatori / Hicham Khalidi & Renzo Martens
Artisti / Cercle d’Art des Travailleurs de Plantation Congolaise & Renzo Martens

Il Padiglione Olanda presenta il collettivo congolese Cercle d’Art des Travailleurs de Plantation Congolaise (CATPC), in collaborazione con l’artista olandese Renzo Martens. L’obiettivo di questo progetto è liberare e rigenerare la coltivazione di Lusanga, nella Repubblica Democratica del Congo, trasformandola in una foresta sacra.

Attraverso la vendita di lavori plastici realizzati dal collettivo, utilizzando i materiali naturali tratti dagli ultimi lembi della loro “foresta sacra”, la popolazione locale è riuscita ad acquistare 200 ettari di terreni precedentemente coltivati, che ora sta trasformando in agro-foreste.

Secondo il curatore Hicham Khalidi, la decolonialità ha a che fare con la messa in pratica della teoria: questo progetto è un’azione concreta che mette in campo la teoria.

PADIGLIONE UNGHERIA

Techno Zen
Curatrice / Róna Kopeczky
Artista / Márton Nemes

L’artista Márton Nemes ha trasformato il Padiglione Ungheria con il suo lavoro dedicato alle sottoculture techno, riuscendo a combinare elementi pittorici, scultorei e installazioni multimediali che creano una dimensione spaziale quasi trascendentale, in cui lo spettatore viene completamente assorbito.

Il progetto espositivo è strutturato in tre parti, che possono essere percepite a pieno dal centro del padiglione, nello spazio del cortile che collega tutti gli spazi.

PADIGLIONE SPAGNA

Migrant Art Gallery
Curatore / Agustin Perez Rubio
Artista / Sandra Gamarra Heshiki

Il Padiglione Spagnolo è rappresentato dall’artista di origini peruviane Sandra Gamarra Heshiki, mentre la curatela del progetto, intitolato “Pinacoteca Migrante”, è affidata a Agustin Pérez Rubio.

L’artista orienta la sua ricerca verso i meccanismi di rappresentazione, esposizione e commercializzazione, esplorando le conseguenze della colonizzazione spagnola. Nel contesto di questa esposizione, si concentra in particolare sul museo come ente che spesso crea narrazioni escludenti, cercando di riscrivere ciò che non viene adeguatamente raccontato nei musei pubblici spagnoli.

PADIGLIONE GRAN BRETAGNA

Listening all Night to the Rain
Curatrice / Tarini Malik
Artista / John Akomfrah

John Akomfrah (Accra, 1957), artista e regista anglo-ghanese, ha creato una personale nel Padiglione Gran Bretagna che si concentra su due temi fondamentali: l’ascolto come forma di attivismo e l’importanza dell’acqua. La mostra Listening All Night to the Rain è uno studio in cinque parti, o “Canti”, che esplora le memorie e il patrimonio culturale delle persone che rappresentano la “diaspora inglese”. Attraverso un bricolage sonoro, Akomfrah collega l’acqua e la musica a diverse esperienze culturali, riscrivendo la storia e affrontando il tema del colonialismo.

PADIGLIONE DANIMARCA

Rise of the Sunken Sun
Curatrice / Louise Wolthers
Artista / Inuuteq Storch

Rise of the Sunken Sun è il titolo del progetto esposto nel Padiglione danese alla Biennale di Venezia. Per la prima volta, il padiglione presenta un’importante mostra di un artista originario della Groenlandia: il fotografo Inuuteq Storch. Curata da Louise Wolthers, l’esposizione offre una prospettiva visiva sulla sua terra natale, la Groenlandia (o Kalaallit Nunaat). Le fotografie di Storch esplorano paesaggi, persone e le relazioni delle comunità locali con la Danimarca, oltre a toccare il passato coloniale di questa terra. L’installazione centrale, chiamata il “sole affondato”, rivela ulteriori significati e sottolinea temi come la decolonizzazione. Interessante notare che sulla facciata del padiglione, le parole “Danimarca” sono state sostituite con Kalaallit Nunaat, il nome della Groenlandia nella lingua locale.

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