Luz del Carmen / Artista / Intervista / Cibo e Bioarte

Luz del Carmen Arti figurative / Arti Visive / Interviste / Oggi la bioarte, nelle sue infinite declinazioni, è di tendenza. Basti pensare all’installazione Biologizing the Machine (spillover zoonotica) di Anicka Yi all’HangarBicocca del 2022, dove grandi teche sospese contenevano colture di batteri e alghe. O, ancora, la frutta marcia e glitterata di Kathleen Ryan. E, per restare in Italia, si può citare il duo artistico TTozoi o ancora Davide D’Elia che gioca sul contrasto di quadri realizzati con pittura antivegetativa e muffa. 

Luz del Carmen, giovane artista messicana attiva a Milano, si può considerare a pieno titolo una esponente di questa “corrente”. Infatti, la sua tavolozza dei colori è il cibo. In particolare l’amido, la farina e gli scarti alimentari con cui realizza maschere, grandi composizioni paesaggistiche o quelli che definisce piccoli mondi, pianeti in miniatura che offrono un punto di osservazione privilegiato su vere e  proprie civiltà di microrganismi. La sua è un’arte viva, che si evolve e cambia radicalmente con il passare del tempo, in un modo che l’artista non può (e non cerca di) controllare. 

Luz, come molti Gen Z, ha una profonda coscienza ecologista e con la sua arte veicola messaggi come la necessità di difendere l’ambiente e l’equilibrio naturale attraverso, per esempio, la lotta allo spreco. 

La incontriamo nel suo studio in zona Navigli, che condivide con altri artisti e creativi: architetti, grafici, musicisti. Dopo un breve sopralluogo in cui ci mostra i suoi lavori più recenti e un piccolo giardino dove ha piantato delle zucche, ci mettiamo comodi e iniziamo l’intervista. 

Luz Del Carmen
Luz del Carmen

   

Quando e come ti sei avvicinata al mondo dell’arte?

Durante la pandemia Covid, quando ho trovato lavoro come scenografa per film e videoclip musicali. Avevo il compito di recuperare e costruire oggetti di scena. Durante quel periodo ho scoperto che la manipolazione dei materiali è il mio modo di esprimermi e ho iniziato a sperimentare con quelli reperibili in casa come la farina, il cartone, i lieviti, foglie di banano e residui di pittura.

Come ti trovi a Milano? E quali sono le principali differenze che riscontri con il Messico? Specialmente dal punto di vista della scena artistica.

Mi trovo molto bene a Milano, è la città che ho scelto per crescere artisticamente e ormai sono nove anni che risiedo qua. Le differenze nascono principalmente dalla storia di ogni Paese, ci sono tante correnti e tecniche che ci accomunano, ma troviamo la bellezza in cose differenti.

Tu, come molti altri artisti della tua generazione, ti dedichi all’arte organica. Quali sono le ragioni di questo interesse così diffuso?

Il motivo principale è poter creare delle opere che siano sempre  più simili a noi come esseri viventi e poter osservare giorno per giorno come queste cambiano. Di conseguenza l’intenzione è rompere il concetto di un’opera “permanente”.

Luz Del Carmen / Terreno Antropico
Luz del Carmen / Terreno Antropico
Cosa ti ha spinto a usare prodotti alimentari per realizzare arte? Ti sei ispirata ad altri artisti?

La mia ispirazione nasce dall’osservazione diretta delle cattive abitudini dell’uomo nei confronti dell’ambiente. Cerco con la mia produzione artistica di sensibilizzare e proporre soluzioni per limitare i danni alla Natura.

Coltivi le piante sia per cucinare sia per la tua produzione artistica, per esempio hai coltivato alcune zucche per una performance. Cosa ti affascina del mondo vegetale? Hai una visione animista? Gli alberi e i fiori hanno un loro spirito?

Mi affascina la grandezza della Natura in sé, quanto si adatta ai luoghi e alle persone istituendo un rapporto con l’uomo. L’essere umano, in generale, ha la capacità di animare e in questo caso creare un ambiente che possa ospitare vita. Questa sensibilità  crea un vincolo, appunto, un rapporto fra tutti noi esseri viventi.

Molti dei tuoi lavori, specialmente i primi, sono maschere. Spesso a base di farina e cartone. Le maschere, con le loro due facce, sono un simbolo potente che rappresentano le dualità del mondo. Per te hanno un significato particolare? Come scegli i tuoi soggetti? 

Cerco di trarre le emozioni da ciò che è esterno a me, plasmando la materia con le mani e catalizzando il pensiero in un processo catartico. In questo modo do un volto alle emozioni astratte e contrastanti di una  vita piena di sfaccettature.

Oltre alle maschere hai realizzato quadri di varie dimensioni, alcuni su supporto di juta, spesso paesaggi, che possono inglobare frammenti di piante o di rami trovati per strada, o ancora piccoli pianeti dove proliferano civiltà di microbatteri. Puoi raccontarci qualcosa di più su questi lavori?

Queste nuove forme sono il risultato della mia necessità di sperimentare nuovi modi di comunicare. I piccoli mondi sono per me dei luoghi dove c’è spazio per l’osservazione, in quanto alcuni sono rappresentazione del deperimento e altri raffigurano la natura che ingloba lo spazio.

Potresti descrivere i procedimenti e le tecniche che adoperi per realizzare le tue opere?

La materia base è la farina che mi permette di creare una soluzione collosa e poi man mano di inserire oggetti o altre polveri che mi consentono di dare la forma o il colore che desidero. Ottenuto l’impasto lo lascio in umido per diversi giorni oppure lo lascio esposto alle intemperie. Voglio che tutto dipenda dalla casualità e che questa sia il ‘motore’ della mia ricerca.

Luz Del Carmen / La casa de mi padre
Luz del Carmen / La casa de mi padre
Può sembrare provocatorio, ma si potrebbe affermare che i veri autori delle tue sculture o dei tuoi quadri siano i funghi muffigeni. È un modo di mettere in discussione la prospettiva antropocentrica? 

Sono io a dare una forma alla materia, ma è la materia ad avere vita propria.  Se le condizioni lo permettono essa cresce, se no muore. La mia missione è ristabilire un legame tra l’uomo e la natura e tutelare la delicatezza dell’ambiente naturale in contrapposizione a un sistema globale consumistico. Credo sia importante che l’essere umano accetti il principio che non tutto può essere addomesticato o controllato.

Hai affermato di osservare con piacere la decomposizione delle tue opere. Riscontri bellezza in questa transitorietà. Possiamo dire che il tema centrale dei tuoi lavori sia il ciclo vita-morte? E in particolare che visione hai sulla morte? Ti spaventa? Ti affascina?

La morte stessa porta vita nuova, è un ciclo che non ha fine. La morte è un fatto che ho accettato, a me interessa quel che c’è prima della fine, il passaggio transitorio, così da poterne godere.

Luz Del Carmen / Mariano
Luz del Carmen / Mariano
In Messico ci sono comunità che intendono recuperare un’identità mesoamericana originale che rischia di perdersi del tutto, o, peggio, di degradare in uno sterile folklore a uso e consumo dei turisti. Per esempio, adoperando le lingue Nahuatl, Maya, Tzeltal o riappropriandosi di una cultura millenaria profondamente connessa con la natura, si pensi alla botanica o alla medicina tradizionale. A cosa si deve questo desiderio di tornare alle origini? È il rifiuto di un modello di vita occidentale? E l’arte che contributo può dare a questa lotta?

Sicuramente c’è una parte della società messicana che rifiuta i modelli che storicamente hanno silenziato le nostre culture. C’è una forza nell’arte, nella sua capacità di riprendere costumi e linguaggi originari per evitarne la scomparsa, che permette di favorire un’evoluzione del pensiero collettivo.

Luz Del Carmen
Luz del Carmen
L’attuale Biennale Arte, dal titolo Foreigners Everywhere, curata da Adriano Pedrosa (il primo curatore della Biennale proveniente dall’America Latina), ha dato molto spazio agli artisti indigeni. Per esempio il collettivo brasiliano Mahku (Movimento dos Artistas Huni Kuin) la cui opera è diventata il manifesto di questa edizione, o l’artista Julia Isidrez che ha voluto dare voce alle istanze del suo popolo, i Guaranì. È il segno di una ribellione contro una cultura omologante (quella anglosassone e in particolare statunitense) che ha soffocato le culture locali. Anche tu, come artista messicana, senti il bisogno di riconnetterti con la tradizione autoctona del tuo paese? 

Questo lo faccio attraverso la gastronomia. In Messico abbiamo le taqueria, carri che vendono cibo in strada e si possono trovare dappertutto, a qualsiasi ora. Io le considero un piccolo ma significativo fenomeno sociale: in questi veicoli di streetfood o piccoli ristoranti si trovano persone di tutte le fasce sociali che si riuniscono seduti attorno a una sola tavola. Apprezzo questa tradizione. Io stessa provo a condividere la mia cultura attraverso l’insegnamento della cucina tradizionale e la ricerca dell’origine dei nostri piatti proprio perché penso che il condividere un pasto crei legami tra le persone. Questa è una delle ragioni per cui la mia arte si serve del cibo.

Luz Del Carmen / Nopali
Luz del Carmen / Nopali
BIO

Luz del Carmen è un’artista autodidatta che attraverso la manipolazione di materie vegetali esprime la sua intenzione di far riflettere l’essere umano sul proprio rapporto con la natura. Luz inizia il suo percorso creativo tra styling, modelling, fotografia e scenografia. Nel tempo ha acquisito una maggiore consapevolezza ecologista che ha plasmato la sua modalità d’espressione. I materiali organici che adopera fungono da agenti di cambiamento dell’opera, mettendo a fuoco il tema dell’impermanenza. L’Universo è un continuo alternarsi di opposti come il giorno e la notte, il caldo e il freddo, la vita e la morte. In due parole: Panta rei.

Manlio Manalese
Manlio Manalese
Critico d'arte e attore teatrale siciliano. Padre di Rendo che gli crea parecchi grattacapi.

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