40 artisti per Gaza / Nelsy Leidi / Intervista

40 artisti per Gaza – Asta BeneficaArt Space / Milano / Interviste / Intervista a Nelsy Leidi

Milano, giovedì 8 maggio 2025, LOCK (acronimo di Laboratorio OCcupato Kasciavìt) ospiterà un’asta benefica per raccogliere fondi a sostegno di Emergenza Gaza, una rete italo-gazawi di solidarietà al popolo palestinese che opera con progetti di supporto umanitario all’interno della Striscia. L’evento avrà luogo in via San Faustino, 62, presso l’edificio abbandonato dell’ex acciaieria Fiav-Mazzacchera del quartiere Ortica, attualmente sede (occupata) del collettivo milanese Kasciavìt.

Tra i promotori di questa iniziativa citiamo anche APS Scighera / Progetto REC di cui si è detto con riferimento alla produzione dello spettacolo teatrale, All that’s left to me. Lo spettacolo ha debuttato  a Gaza City nel 2023, prima della devastazione della città (Vai QUI per leggere l’articolo).

40 artisti per Gaza

È un’asta d’arte in cui saranno battute opere firmate da nomi di spicco del panorama contemporaneo, per citarne alcuni: Cesare Pietrolustri, Yuri Ancarani, Roberto Cuoghi, Liliana Moro, Stefano Arienti… e a cui prenderanno parte anche artisti internazionali, del calibro di Khalid Albaih, noto vignettista e attivista sudanese in esilio, celebre per il suo impegno in favore dei movimenti di protesta in Medio Oriente.

Gli artisti

Di seguito menzioniamo in ordine alfabetico i nomi degli artisti che hanno raccolto l’invito e fatto  dono di una loro opera:

Khalid Albaih, Yuri Ancarani, Stefano Arienti, Ako Atikossie, Jacopo Benassi, Simone Berti, Davide Bertocchi, Marco Bertolini, Luca Bertolo, Chiara Camoni, Canedicoda, Sarah Ciracì, Roberta Colombo, Roberto Cuoghi, Alessandro Di Pietro, Emilio Fantin, Ettore Favini, Andrea Ferrari, Paola Gaggiotti, Alice Guareschi, Alessandra Ianniello, Arianna Lelli Mami, Giancarlo Leone, Miltos Manetas, Diego Marcon, Eva Marisaldi, Martina Merlini, Margherita Morgantin, Liliana Moro, Adrian Paci, Mauro Panichella, Cesare Pietroiusti, Elena Salmistraro, Francesco Simeti, Luca Trevisani, Cesare Viel, Nicola Villa, Luca Vitone, Sara Vivan.

In copertina: Graphic design Michele Galluzzo (@galluzzo.michele) Typefaces Baustraße (Fantasia Type, 2025) (@fantasia.type)

   

L’organizzazione degli spazi espositivi nella sede di Lock, così come la selezione degli artisti sono state a cura di Nelsy Leidi (@leidinelsy), la vera fautrice di questa asta.  È un messaggio forte quello trasmesso dall’iniziativa, l’arte si fa veicolo di un richiamo a non rimanere indifferenti davanti alla tragedia del popolo palestinese. Incontro Nelsy in un pomeriggio soleggiato per farmi raccontare…

… come è nata l’iniziativa 40 artisti per Gaza

L’iniziativa ha l’obiettivo di organizzare una raccolta fondi per Emergenza Gaza, una rete di realtà impegnate in interventi umanitari a sostegno della popolazione di questo Paese martoriato. Ma c’è, al contempo, una motivazione più personale, la mia posizione molto netta sulla tragedia che ha investito Gaza e ha scatenato una rabbia che fino a poco tempo fa non riusciva a trovare sfoghi. Da qui è nata la decisione di organizzare l’asta, soprattutto perché ne sentivo il bisogno. Credo che tutto il tempo impiegato in questa impresa, sono mesi di lavoro, mi abbia permesso in primo luogo di superare lo shock. È stato il mio modo di sentirmi in pace con me stessa. Non potevo più limitarmi a guardare i telegiornali e ad assistere passivamente allo strazio di uomini, donne e bambini. So bene di non poter cambiare le cose, so che 40 artisti per Gaza è solo una goccia nell’oceano, ma nel mio piccolo voglio rendermi utile, proprio come lɜ ragazzɜ di Emergenza Gaza.

E come hai maturato la decisione di collaborare con APS Scighera / Progetto REC e il collettivo Kasciavìt per finanziare Emergenza Gaza?

Conosco molto bene lɜ ragazzɜ di Kasciavìt e di Progetto REC perché mia figlia fa parte del loro collettivo. Ho già partecipato ad alcune loro iniziative e mi piace il loro approccio. Ho una grande considerazione del lavoro che hanno svolto a Gaza. Ho seguito lo sviluppo dei loro progetti, sebbene non fossi personalmente coinvolta. 

Conoscevo, attraverso mia figlia, le grandi difficoltà che Emergenza Gaza stava incontrando nella raccolta fondi. Non mi sorprende, la gente dopo anni di guerra non vuole più pensare a certe tragedie. D’altro canto constatavo di come fossero riusciti a fare interventi molto complessi a Gaza, nonostante dai valichi non passi praticamente più niente. Ho appreso che erano stati in grado di tessere una rete con operatori palestinesi in loco che ha consentito loro un’operatività impensabile persino per ONG molto importanti: Emergenza Gaza rappresenta una risorsa da sostenere in ogni modo. 

Tra le numerosissime iniziative che hanno organizzato per raccogliere fondi, ricordo di avere partecipato a un’asta d’arte benefica. Un evento molto riuscito e realizzato con grande passione, ma è stato in quel momento che mi sono resa conto di quanto, con le mie competenze e i miei contatti, avrei potuto aiutarli a organizzare una nuova asta che potesse contare su artisti di primo piano sulla scena contemporanea. 

Ho fatto cenno di questa folle idea che mi ronzava per la testa ad alcuni amici, artisti di fama, e ho subito constatato la loro risposta entusiastica. Da quei primi abboccamenti, abbiamo interpellato decine di altri artisti, a partire dai nomi più noti perché sarebbero serviti da volano per gli altri. E devo confessare di essere rimasta sorpresa per la forte adesione che ha superato le mie aspettative. 

La tua scelta coraggiosa, e per certi versi provocatoria, di ospitare l’asta in un luogo che non si limita a essere fuori dai circuiti tradizionali dell’arte, ma è anche uno spazio occupato, sembra una sfida non indifferente. Ho l’impressione che questa sincrasi di arte contemporanea, sostegno per una causa umanitaria e centro sociale possa aver reso il tuo lavoro ancora più complicato

È vero. È stata certamente la sfida più complessa da affrontare. Io che conosco personalmente la realtà di Lock, metterei la mano sul fuoco sulla loro onestà e non ho dubbi sulla competenza dellɜ ragazzɜ del collettivo, ma non è semplice comunicare all’esterno che questi giovani e giovanissimi, pur non essendo parte di una grande ONG, hanno ottenuto risultati che paiono impossibili per una realtà così piccola.

Simone Berti / Senza titolo / 2025 / Tecnica mista su carta, 48x33cm
Simone Berti / Senza titolo / 2025 / Tecnica mista su carta, 48x33cm
Posso testimoniare anch’io il lavoro straordinario di Emergenza Gaza, hanno distribuito pasti caldi e acqua potabile, allestito cliniche mediche, senza dimenticare gli interventi mirati al benessere psicofisico dei più piccoli e sono riusciti a fare tutto questo con l’autofinanziamento.

Davvero eccezionali! Ma il loro essere così fuori dagli schemi ha complicato non poco il mio lavoro di comunicazione. Soprattutto quando dovevo rispondere alla domanda sui progetti finanziati dagli incassi di questa asta benefica. Le gallerie quando mi chiamano mi fanno, giustamente, questa domanda. E ti assicuro che le mie risposte non sono vaghe. Sono puntuali e documentate. Eppure il coinvolgimento di una realtà come Emergenza Gaza desta qualche preoccupazione. Io che ho avuto modo di osservare in prima persona il loro lavoro mi fido ciecamente, ma non mi stupisce che altri possano avere qualche remora. Per fortuna i miei collaboratori, a partire dall’ufficio stampa, mi hanno dato piena fiducia. L’asta 40 artisti per Gaza, per esempio, è stata segnalata da Il Manifesto o ancora dal Sole 24 Ore, e fa riflettere che abbiamo trovato maggiore apertura da parte del quotidiano della finanza italiana, piuttosto che da realtà editoriali più affini al nostro ambito.

Anche gli artisti erano preoccupati per il coinvolgimento di Lock e di Emergenza Gaza?

Loro non hanno manifestato nessuna preoccupazione, sono abituati ad attraversare mondi diversi. Però, per dirne una, l’adesione dei collezionisti è tuttora un grande punto interrogativo. C’è stato un vero e proprio battage pubblicitario, ma è difficile fare previsioni su quale sarà l’effettiva partecipazione di gallerie e collezionisti. 

Per farti capire quanto sia stato complicato organizzare questo evento in un centro sociale, ti dico solo che ho ricevuto molte telefonate da persone che non sono a Milano e quindi non avranno la possibilità di venire, ma hanno comunque manifestato grande interesse per l’iniziativa. Per questa ragione ho deciso di chiedere un preventivo a una casa d’aste online, ma mi hanno risposto che non avrebbero partecipato in un contesto di quel genere.

Per fortuna, Willy Montini, tra i collaboratori di 40 artisti per Gaza, un battitore d’asta professionista e un gallerista competente, ha escogitato una soluzione per consentire ai collezionisti che non potranno presenziare di comunicare in anticipo una loro offerta per iscritto prima dell’8 maggio. Willy ne terrà conto durante l’asta.

Immagino che tu abbia dovuto far fronte a mille altri imprevisti e difficoltà

Una delle sfide più impegnative che ha assorbito molto del mio tempo è stata proprio la ricerca di un professionista della comunicazione. Io volevo inserire nella squadra solo collaboratori di altissimo profilo. Molti di questi vivono a Milano ma per una ragione o per l’altra declinavano tutti. Per fortuna, si è resa disponibile Sara Zolla, di cui accennavo prima. Grazie a lei abbiamo avuto un ottimo battesimo e una diffusione capillare su magazine e quotidiani nazionali. Alla fine sono molto contenta della squadra che sono riuscita a mettere su e che vede il coinvolgimento anche del designer Michele Galluzzo. Considera che è un’attività che facciamo tutti pro bono e da parecchi mesi.

Francesco Simeti / Citadel / 2025 / Stampa su lino, pezzo unico, 120x80 cm
Francesco Simeti / Citadel / 2025 / Stampa su lino, pezzo unico, 120×80 cm
Quale criterio hai adoperato per individuare gli artisti?

Come ti dicevo, sono partita da artisti con un mercato solido perché il mio obiettivo è attrarre i collezionisti. Certo, auspico la partecipazione di un vasto pubblico, perché sarà un bel momento di condivisione, ma il fine ultimo è la raccolta fondi per Emergenza Gaza, noi puntiamo ad aggiudicare tutte le opere. Sto organizzando, a tutti gli effetti, un’asta di alto livello. 

Dopo che ho preso contatto con i primi artisti, si è sparsa la voce e molti mi hanno chiesto di poter aderire. Ai nomi più affermati ne ho affiancati altri altrettanto talentuosi ma meno noti al grande pubblico. Poi, come è mia consuetudine, ho mescolato un po’ le carte e ho deciso di coinvolgere anche creativi che non appartengono precisamente al mondo dell’arte contemporanea. Per esempio alcuni fotografi che si occupano di interior design molto stimati. Ci sono, inoltre, due note designer di Milano, Elena Salmistraro e Arianna Lelli Mami di Studiopepe, sono davvero grata per la loro generosità e la loro disponibilità a mettersi in gioco in questa sfida.

Questa iniziativa ha l’obiettivo di sostenere la popolazione di Gaza, ma il mio auspicio è che possa essere un modo per fare conoscere anche artisti di grande talento che con tanta generosità sostengono questa causa.

Immagino che alcuni artisti avranno declinato la proposta

Non ti nascondo che molti nomi importanti mi hanno detto di no. Ho rispettato la loro posizione. Bisogna anche considerare che il mercato dell’arte contemporanea è legato, magari per vie traverse, a Israele o alla comunità ebraica. Penso che alcuni potrebbero aver detto no per questa ragione. Ma non escludo una mancanza di fiducia nei confronti di Emergenza Gaza che, come dicevamo prima, non è una realta istituzionale e può, comprensibilmente, suscitare qualche dubbio. Poi ci sono anche artisti che hanno già investito molto su questa causa o erano già impegnati su altre iniziative simili. 

La società moderna tende a polarizzarsi, ad avere un approccio da “tifo da stadio”, e anche gli esponenti del mondo della cultura possono avere timore a sposare una causa per il timore di compromettere la loro immagine. Sappiamo bene quanto la questione israelo-palestinese sia delicata, pensi che una possibile causa della non adesione da parte di alcuni artisti possa essere questa?

Certo, mi rendo conto di quanto sia una questione complessa e divisiva e rispetto idee diverse dalle mie. 

Mi ha convinto meno la posizione di coloro che si sono detti solidali ma si sono trincerati dietro l’affermazione di non voler fare politica. Penso si tratti solo di un fraintendimento linguistico. Personalmente ritengo che qualsiasi forma d’arte sia ‘politica’. Persino la decisione di dedicarsi all’arte è un atto eminentemente politico. Quando porti in scena uno spettacolo, quando scrivi un copione, quando realizzi un’installazione pubblica, cosa pensi di fare? 

A questo proposito mi vengono in mente due spettacoli teatrali del drammaturgo Ronald Harwood che affrontano proprio questo tema: la separazione tra Arte e Politica. Si tratta di Collaboration e Taking Sides. In particolare quest’ultimo racconta la storia del controverso compositore Wilhelm Furtwängler che è stato assolto dall’accusa di avere aderito agli ideali nazisti, ma che rivendicava la libertà di un artista di non doversi schierare (un caso non dissimile da quello di Leni Riefenstahl di qui abbiamo parlato QUI)

È vero, ancora oggi questo è un problema molto sentito. Sono numerosi gli artisti che cercano di difendersi da questa tendenza, tipica della nostra società, a etichettare e incasellare tutti, specialmente le figure pubbliche. Però, bisogna accordarsi su cosa si intenda per “politica”. Io di certo non mi riferisco alla politica partitica. Quando adopero questa parola non penso a una qualche forma di appartenenza, piuttosto alla necessità di prendere posizione rispetto ai grandi temi del contemporaneo, dall’ecologia, alle migrazioni, al razzismo… Chi fa arte è portato quasi naturalmente a interrogarsi su queste grandi questioni e a formarsi una sua opinione in proposito, qualunque essa sia.

Ma deve essere richiesto agli artisti di schierarsi? Come quando, per fare un esempio, alcuni pretendevano che la soprano Anna Netrebko si esprimesse contro la guerra in Ucraina?

No, non deve essere richiesto. Non può essere un’imposizione. Ovviamente la creatività deve essere libera. All’interno di questa libertà, però, prendere posizione dovrebbe essere naturale. infischandosene dei giudizi. Hai citato il caso degli artisti russi, pensa a quello che è successo alla Biennale con il padiglione del loro Paese…

E il diverso trattamento riservato a Israele

Esatto. La Biennale, in particolare i padiglioni dei Giardini, sono luoghi istituzionali che rappresentano i diversi governi partecipanti all’Esposizione. Condivido, seguendo questa logica, le pressioni che ha subito la Russia, ma le considero ingiuste quando a Israele viene consentito di partecipare senza battere ciglio.

L’artista Ruth Patir e le curatrici Mira Lapidot e Tamar Margalit hanno comunque deciso di tenere chiuso il padiglione, «fino al cessate il fuoco e al raggiungimento di un accordo per la liberazione degli ostaggi»

Sono state coraggiose. Credo abbiano trovato un giusto compromesso. Immagino quanto possa essere doloroso per una giovane artista non vivere a pieno quella esperienza. Naturalmente, nessuno intende penalizzare gli artisti, è una contestazione mirata solo al governo israeliano. La libertà degli artisti di esprimersi dovrebbe essere sempre garantita. Anche perchè questo rifiuto di parlarsi, queste trincee culturali non fanno altro che creare le condizioni per nuovi conflitti.

Roberta Colombo / Flowerpower / 2018 / Vaso in ceramica, 11x8x33cm
Roberta Colombo / Flowerpower / 2018 / Vaso in ceramica, 11x8x33cm
Tornando a 40 artisti per Gaza, come sarà organizzata l’asta? E considerando il livello degli artisti coinvolti, è prevista una base?

Sì. Ho dovuto confrontarmi con ciascuno di loro per stabilire la base d’asta, perché il mondo dell’arte contemporanea ha una gestione del proprio mercato estremamente complessa. In teoria, avevo la piena facoltà di chiedere come base d’asta un’offerta libera, ma ho intuito che alcuni tra gli artsti coinvolti, in particolare quelli più quotati, erano preoccupati da questa eventualità. Temevano di vedere il loro lavoro svalutato.

Per alcune opere mi hanno chiesto di partire  da 1.000€, per altre hanno accettato un’offerta libera, altre ancora 200€ o 600€. C’è uno spettro molto ampio, ma queste richieste di partenza saranno comunicate solo il giorno dell’asta. Le opere che non saranno aggiudicate, verranno restituite agli artisti, ma io conto di venderle tutte.

Alcuni degli artisti saranno presenti durante l’asta?

Sì. Diversi artisti hanno già dato conferma della loro presenza, c’è grande entusiasmo per questa serata. Anche perché non si limiterà alla sola asta. Apriamo le porte alle 17:30 con una mostra collettiva allestita esclusivamente quel giorno. Alle 19 inizia l’asta vera e propria. Al pubblico saranno proposti deliziosi piatti palestinesi cucinati dallɜ ragazzɜ di Lock, e per finire, nel giardino, avrà luogo un djset a cura di Stefano Ghittoni, per festeggiare insieme la conclusione di questa bella giornata dedicata all’Arte e a Gaza.

Alice Guareschi / It is not only that. It could be that. It isn't always / 2015 / Serigrafia su carta fine, art 500g (stampata in 6 colori diversi), edizione 1/3 colore, 62x50cm
Alice Guareschi / It is not only that. It could be that. It isn’t always / 2015 / Serigrafia su carta fine, art 500g (stampata in 6 colori diversi), edizione 1/3 colore, 62x50cm

Nelsy Leidi / Bio

Passione ed esperienza nell’ambito dell’organizzazione e promozione di eventi in diversi settori, design, performing/visual arts sia in Italia che all’estero. Dopo anni di lavoro nella produzione culturale italiana si trasferisce a Londra e lavora per anni prevalentemente nel mondo del design. Rientrata a Milano continua in questo settore ma non solo, alternando progetti di curatela, produzione ed interior in collaborazione con diversi studi, agenzie e curatori. È parte del network di Xing, organizzazione culturale basata a Bologna che progetta eventi e pubblicazioni contraddistinti da uno sguardo interdisciplinare. Con Alterarte insieme a Paola Gaggiotti e Monica Roberto si occupa di progetti per la diffusione della cultura artistica contemporanea, con cui sviluppa idee per bambini e adulti. Cofonda nel 1994 il Link Project di Bologna, luogo di sperimentazione e ricerca sul contemporaneo tra i più importanti in Italia in quegli anni.

Simon Gusman
Simon Gusman
Viaggiatore compulsivo. Per molti anni ha vissuto in Chiapas dove ha conosciuto il Subcomandante Marcos. Al momento vive a Granada.

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